Cinquantasei turbine nel mare Adriatico, davanti alle coste di Ravenna. Il progetto del parco eolico in grado di «produrre energia come una piccola centrale nucleare» pare essere arrivato a una svolta: Saipem, la società di Eni che si occupa di infrastrutture per i giacimenti di idrocarburi, ha raggiunto un accordo di partecipazione all’impresa con le società Agnes e Qint’x, rendendo così l’installazione delle pale eoliche qualcosa in più che un’idea. L’impianto, secondo i piani, si svilupperà in due zone diverse, una a otto e una a dodici miglia dalla costa, e sarà in grado di generare fino a 450 megawatt di energia, ovvero più di quello che erano in grado di produrre le vecchie centrali nucleari di Latina e Garigliano.

L’eolico offshore, secondo i suoi sostenitori, è l’unico modo per andare avanti sulla via delle energie rinnovabili, e sin qui, in effetti, è quanto sostengono in maniera netta gli ambientalisti. «Quello di Ravenna è un segnale importante – dicono dalla sezione emiliana di Legambiente –, in linea con gli obiettivi europei, nazionali e regionali di decarbonizzazione.

Ancora più importante se questo segnale si inserisce nel cuore del distretto oil & gas del paese, in crisi ormai da anni». E ancora: «Per raggiungere il 100% di rinnovabili come promesso dalla Regione, l’eolico è necessario. Peraltro si concretizzino queste possibilità nel minor tempo possibile e minimizzando le polemiche. Di paro passo, però, è necessario non retrocedere sui piani di dismissione delle piattaforme, non farsi abbindolare da miracolosi progetti di stoccaggio e abbandonare l’idea di rilanciare strategie estrattive». Le altre associazioni e i vari comitati, al momento, osservano e non si sbilanciano, in attesa di capire che piega prenderà la faccenda e quali potrebbero essere gli eventuali rischi ambientali e paesaggistici. In altre parole, si aspetta che il progetto trovi una sua concretezza al di là dei proclami e dei documenti programmatici.

Un progetto simile, benché un po’ più piccolo (dieci turbine in grado di produrre 330 megawatt) è già in lavorazione davanti alla costa di Rimini e Cattolica, con il sostegno delle amministrazioni di centrosinistra e degli ambientalisti, ma con la contrarietà dell’associazione Italia Nostra, a cui si sono rapidamente accodati quelli della Lega e di Fratelli d’Italia. Per loro, le pale eoliche sono «ecomostri che deturpano il paesaggio, uno scempio, una mostruosità e una pietra tombale sulle prospettive turistiche».

Al netto della ovvia battaglia di posizione della destra, va detto che un eventuale parco eolico sarebbe scarsamente visibile dalle spiagge, o quantomeno non sarebbe troppo diverso dalle tante piattaforme d’estrazione presenti in acqua ormai da decenni.

«Non possiamo restare ancorati al petrolio», dice il presidente della provincia di Rimini Riziero Santi (Pd), e il sindaco di Ravenna Michele de Pascale (Pd anche lui) va ancora più in là parlando di «mix energetico fondamentale» e della sua città come «centro nevralgico dell’energia nazionale». In tutto questo, poi, de Pascale sottolinea come in ogni caso «si faranno verifiche, verranno valutati tutti gli aspetti, ma bisogna dire che i nostri interlocutori sono molto affidabili». Appare molto difficile, tuttavia, che il parco eolico verrà fatto sia a Rimini sia a Ravenna: con ogni probabilità verrà scelto soltanto uno dei siti, almeno per cominciare, e quello a nord al momento appare più realizzabile di quello al sud della regione.

Siamo comunque alle battute iniziali della partita sull’offshore, anche perché l’iter che potrebbe portare in futuro all’installazione delle turbine in mare è solo alla fase delle osservazioni e delle consultazioni, poi bisognerà passare per il consiglio comunale e per quello regionale fino ad arrivare all’ultima parola che in ogni caso spetta al ministero dell’Ambiente.

UNA PRECISAZIONE

Nell’articolo del 28/8/2020 a firma di Mario Di Vito “Accordo fatto per cinquantasei turbine da installare davanti a Ravenna” viene riportata una imprecisione, per la quale vi chiederei una gentile rettifica. Nel pezzo c’è scritto infatti che Saipem è una società di Eni, mentre invece non è corretto: Saipem è controllata sia da Cdp che da ENI. Vi riporto qui di seguito tutte le quote dei singoli azionisti:

  • Eni S.p.A: 30.54%
  • CDP Industria S.p.A: 12.55%
  • Capital Research and Management Company: 4.94%
  • Eleva Capital SAS: 3.07%
  • Banca d’Italia: 1.00%

È possibile pubblicare una precisazione in merito? Vi ringrazio molto per quello che potrete fare.

Sonia Hason, dell’ufficio stampa di Saipem