Non si placa l’eco dello scandalo delle cavie umane utilizzate per gli esperimenti sui diesel di Mercedes, Bmw e Volkswagen. Ieri a Wolfsburg è saltata la prima testa tra i responsabili dei test dell’orrore commissionati all’Università di Aquisgrana: Thomas Steg, capo dei lobbisti del gruppo Vw, è stato sollevato dall’incarico dopo l’ammissione del coinvolgimento nella ricerca condotta nei laboratori del New Mexico. Nessuna scusa, invece, dall’equipe di medici tedeschi che ha guidato la ricerca dell’Eugt, l’associazione dei costruttori di auto: «Le prove sono servite per la sicurezza dei lavoratori. I 25 volontari non hanno corso rischi per la salute», ha ripetuto il portavoce del policlinico sotto accusa.

Al contempo aumenta la pressione sul governo Merkel: i Verdi chiedono lumi sulla sperimentazione «disumana» e soprattutto la cifra del finanziamento pubblico al settore dell’Automotive, mentre da Bruxelles rimbalza lo «choc» della Commissione Ue che impone alla cancelliera di «agire subito». Tuttavia, per adesso, l’unica azione concreta è la promessa di Vw di non utilizzare più animali nei “collaudi” sulle emissioni dei motori. Oltre alla sospensione dell’uomo delle lobby, che dal 2002 al 2009 ha ricoperto l’incarico di vice-portavoce nei governi Schröeder e Merkel. «Mi assumo la responsabilità di quanto accaduto. Non sarebbe dovuto mai succedere» è la versione di Steg rilasciata al quotidiano Bild.

Discolpa comunque fuori tempo massimo: il manager ha già confessato di avere saputo con largo anticipo dei test negli Usa su 10 scimmie rinchiuse in una camera ermetica e obbligate a inalare i gas di combustione del motore per il Maggiolino. «All’epoca, però, mi opposi fermamente ad allargare l’esame agli esseri umani» tiene a precisare il capo dei lobbisti Volkswagen. Prima di avventurarsi nel terreno meno opportuno: «In molti luoghi di lavoro i livelli di No2 sono più elevati di quelli somministrati in laboratorio».

Più o meno ciò che sostengono gli scienziati che hanno condotto lo «studio sugli effetti a breve termine delle inalazioni di biossido di azoto su persone sane» denunciato lunedì da New York Times e Süddeutsche Zeitung. «Si è trattato di un test per migliorare la sicurezza degli autisti di camion, saldatori e meccanici, peraltro durato solo tre ore» puntualizza Thomas Kraus, professore all’ospedale universitario Rwth di Aquisgrana. Prendendo così le distanze dall’Eugt, sciolto l’anno scorso: «L’ente non ha mai interferito con il lavoro che ci ha commissionato. E in ogni caso, nessuno tra i volontari ha manifestato effetti negativi sulla propria salute». Eppure, la ricerca pagata da Daimler, Bmw e Vw evidenza la corrispondenza biunivoca tra “scienza” e industria, con legami che vanno ben oltre la sfera del privato. Per questo ieri i Verdi hanno sparato ad alzo zero sulla Grande coalizione. «Il governo federale dichiari subito e chiaramente cosa sapeva sulle inquietanti pratiche dell’industria automobilistica, e con quanto denaro pubblico sono state finanziate» scandisce la deputata Britta Hasselmann, già presidente dei Grünen in Nordreno-Vestfalia.

Non basta, dunque, l’inchiesta interna promessa da Volkswagen (Daimler e Bmw continuano a declinare ogni responsabilità) o le analoghe garanzie rilasciate da Hans Dieter Pötsch, presidente del consiglio di vigilanza del colosso di Wolfsburg. E neppure il rispetto del protocollo clinico dei medici di Aquisgrana: il comitato etico dell’ateneo (composto da medici, un avvocato, un farmacista, più il rappresentante dei pazienti) ha autorizzato per iscritto lo studio Eugt. «Si tratta di un organo auto-regolamentato completamente indipendente nelle decisioni» conferma alla Deutsche Welle il professore Bert Heinrichs dell’Istituto di scienza ed etica dell’Università di Bonn. In altre parole, «il comitato poteva imporre le proprie condizioni ed eventualmente di rifiutarsi di svolgere la ricerca – precisa Heinrichs – del resto, è insolito che una tossina ambientale venga testata su esseri umani. I test, di solito, avvengono solo per i farmaci».