Un Hotel de charme? Una esclusiva scuola di danza classica? Un circolo ippico che riporti il fasto sabaudo della Cavalleria Savoia o appartamenti di lusso? Quale sarà il futuro della Cavallerizza Reale di Torino, splendido complesso barocco nel cuore della città, oggetto di incuria e abbandono per molti anni ma in procinto di nuova «valorizzazione» da parte dei privati? Dell’ostello per i giovani traccia non v’è più, se non in qualche sparuta dichiarazione stampa per rasserenare gli animi dei circa diecimila torinesi che, firmando un appello solo pochi mesi fa, hanno chiesto agli attuali amministratori comunali di non vendere surrettiziamente la Cavallerizza, patrimonio della città e quindi di tutti.
Ma le linee guida dell’operazione, condotta senza soste dall’assessore al Bilancio Gianguido Passoni e da tutta la giunta di centrosinistra torinese, pare che preveda come architrave fondante l’investimento di sostanziosi capitali privati, indispensabili per dar fiato alle boccheggianti casse comunali, ancora in difficoltà nonostante le massicce vendite di immobili e partecipate.
C’è chi dice che potrebbe essere della partita addirittura un emiro del Qatar. L’allegro debito contratto nell’era Chiamparino è appena sceso sotto quella che viene definita dallo stesso Passoni «la soglia psicologica» di tre miliardi di euro ma, nonostante questo risultato, l’immensa volumetria della Cavallerizza rimane strumento d’eccezione per raggranellare utili fondi.
Pare che i tempi siano molto stretti: ieri mattina si sono riunite le commissioni congiunte di Comune e Regione a porte chiuse, senza ammettere pubblico, in cui è stato presentato un misterioso «Protocollo di Intesa» che coinvolge anche i privati.
Il protocollo prevederebbe una sostanziale libertà di azione per gli investitori. Del famoso processo partecipato che doveva coinvolgere anche soggetti culturali istituzionali e cittadini, che da circa un anno stanno portando avanti un lavoro di riqualificazione sociale del complesso dopo l’abbandono, rimangono solo vaghi ricordi.
È il processo partecipato modello Val Susa: si partecipa solo quando c’è da dire «sì», commentano alcuni membri dell’Assemblea Cavallerizza 14.15. «In sostanza nessuna delle richieste sino a ora avanzate dalla cittadinanza (no alla vendita, destinazione e fruizione pubblica, unitarietà dell’insieme e progettualità partecipata, ndr), con il supporto di oltre 10 mila firme della popolazione torinese, viene accolta dalle istituzioni, neanche negli intenti. La progettazione – aggiungono gli attivisti – non coinvolgerà direttamente i cittadini né, aspetto inquietante, passerà neanche attraverso il Consiglio comunale, palesando come le decisioni rispetto a una questione così delicata e strategica vengano a formarsi fuori dai luoghi che dovrebbero garantire la democrazia.»
Oggi, dalle ore dodici, in concomitanza con l’approvazione in Giunta Comunale del «Protocollo di Intesa» vi sarà un presidio in piazza Palazzo di Città indetto dai protagonisti dell’Assemblea Cavallerizza.