Monitorando quotidianamente i fiumi alpini, un tempo ricche risorse d’acqua, si osserva una situazione drammatica. E non è solo una questione di quantità di acqua, sono in ballo la qualità e la sopravvivenza degli ecosistemi fluviali. Con Alpstream, punto di riferimento per lo studio, la gestione sostenibile e la tutela dei sistemi fluviali delle Alpi, Stefano Fenoglio, zoologo, docente del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino, la vive sul campo.


Professor Fenoglio, si parla di emergenza siccità ma è un’anomalia che perdura da troppo tempo. Qual è lo stato dell’arte?
In un certo senso stupisce lo stupore, purtroppo questa situazione di estrema siccità era prevedibile da mesi, vista l’anomalia termica e di precipitazioni registrate nell’inverno. Se i fiumi erano in condizioni depauperate a febbraio, ora sono peggiorate. Certo, ci sono aspetti che impressionano anche noi. Qualche mattina fa, siamo passati sul fiume Varaita, affluente del Po in provincia di Cuneo, e se al mattino c’era un rivolo d’acqua tornando nel pomeriggio, per effettuare dei campionamenti, abbiamo trovato una distesa di massi con solo un po’ di umidità residua. Il fiume è scomparso in una giornata, per il calore e il prelievi eccezionali dall’agricoltura. Ci sono cause globali e locali.

Ci troviamo di fronte a tre mesi estivi fondamentali. Come possiamo usare meglio l’acqua?
Quello che stiamo vivendo non è l’anomalia di quest’anno, veniamo da otto anni di inverni caldi, con una netta riduzione delle precipitazioni. E dobbiamo intervenire pensando al futuro, non al giorno dopo. Bisogna lasciare più acqua nei fiumi perché così si diluiscono gli scarichi dei depuratori. Dobbiamo selezionare colture meno idroesigenti, migliorare in efficienza il sistema che gestisce e distribuisce le acque. I fiumi sono ecosistemi non condotte. Abbiamo un pendolo che oscilla tra estrema siccità e intense precipitazioni, sfruttando questo secondo periodo dobbiamo trattenere acqua nel territorio per distribuirla meglio. Si tratta di una prassi mediterranea, che nel Nord Italia non sembrava un’esigenza ma adesso lo è. Questi interventi dovranno essere ecosostenibili, armonizzandone la presenza.

Si parla giustamente di ridotta quantità d’acqua, ma poco di qualità. Perché, invece, sarebbe importante farlo?
In questi giorni stiamo facendo una campagna di monitoraggio sulla biodiversità e sulla portata dei fiumi piemontesi: la situazione è drammatica. Ci sono fiumi in secca totale in molti ambienti pedemontani dell’arco occidentale. Parlo del Varaita, Maira, Grana, Pellice, che per diversi chilometri sono secchi già a giugno. Hanno un terzo dell’acqua che dovrebbero avere in questo periodo. E con Alpstream stiamo indagando l’aspetto della qualità dell’acqua: averne meno significa averne di peggiore. Continuiamo a immettere nel reticolo idrografico gli stessi reflui dei depuratori, i fertilizzanti e i pesticidi. Il volume di acqua che prima li diluiva ora, però, manca e aumenta a dismisura la concentrazione degli inquinanti e dei batteri. Se prevalessero i rilasci dei depuratori non potremmo nemmeno più usarla per irrigare. Con meno acqua e più ondate di calore, la temperatura media dei fiumi si è alzata di diversi gradi rispetto alle medie. Acque più calde sono meno ossigenate e ciò colpisce la biodiversità e la vita dei pesci, favorendo processi di crescita di alghe, come in città (a Torino per esempio), o la proliferazione di batteri, che si avvantaggiano della scarsità di acqua.

Alpstream ha sede a Ostana, sul Monviso, non lontano da dove nasce il Po. Che situazione c’è?
Nei tratti alti alpini è mancata tanto la neve e c’è una riduzione della quantità delle acque, i laghi alpini sono più bassi del solito. Quest’inverno abbiamo avuto lo 0 termico sopra i 4mila metri per diversi giorni. Le sorgenti del Po sono rimaste asciutte per un certo periodo nei mesi invernali. Alla foce, il cono salino sta rientrando tantissimo: acqua salmastra che rischia di andare nelle falde, diventando un problema anche per l’agricoltura. I problemi sono generalizzati nel Sud Europa, la Spagna sta peggio di noi, ma fa sempre impressione vedere i nostri tratti alpini, così ricchi di acqua, ridotti così.