ExtraTerrestre

Causa climatica, l’Eni sul banco degli imputati

Causa climatica, l’Eni sul banco degli imputati

Greenpeace Si terrà domani la prima udienza della causa civile intentata lo scorso 9 maggio nei confronti di Eni, Cassa Depositi e Prestiti e il Ministero dell’Economia e delle Finanze da […]

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 15 febbraio 2024

Si terrà domani la prima udienza della causa civile intentata lo scorso 9 maggio nei confronti di Eni, Cassa Depositi e Prestiti e il Ministero dell’Economia e delle Finanze da parte di 12 cittadini e cittadine italiani, Greenpeace Italia e ReCommon.

La più grande multinazionale fossile italiana è stata citata in tribunale per i danni cagionati e futuri derivanti dai cambiamenti climatici, a cui Eni ha contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, continuando a investire nei combustibili fossili.

Greenpeace Italia e ReCommon chiedono che Eni sia obbligata a rivedere la propria strategia industriale per ridurre le emissioni derivanti dalle sue attività di almeno il 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020, come indicato dalla comunità scientifica internazionale per mantenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5°C e a rispettare l’Accordo di Parigi sul clima. Viene poi richiesto che il Ministero dell’Economia e delle Finanze e Cassa Deposito e Prestiti adottino una politica climatica che guidi la loro rispettiva partecipazione nella società in linea con l’Accordo di Parigi.

Negli scorsi mesi, Greenpeace Italia e ReCommon, nell’ambito di questo contenzioso climatico, hanno dimostrato come, in diverse sue pubblicazioni risalenti agli anni Settanta e Ottanta, il colosso italiano Eni, all’epoca interamente controllato dallo Stato, mettesse in guardia sui possibili impatti distruttivi sul clima del pianeta derivanti dalla combustione delle fonti fossili.

Inoltre sin dalla prima metà degli anni Settanta il Cane a sei zampe ha fatto parte dell’Ipieca, un’organizzazione fondata da diverse compagnie petrolifere internazionali che, secondo recenti studi, a partire dagli anni Ottanta avrebbe consentito al gigante petrolifero statunitense Exxon di coordinare «una campagna internazionale per contestare la scienza del clima e indebolire le politiche internazionali sul clima».

Eppure, nonostante questi ammonimenti, l’azienda ha proseguito e continua ancora oggi a investire principalmente sull’estrazione e lo sfruttamento di petrolio e gas. Se ci troviamo oggi nel pieno di una crisi climatica che minaccia le vite di tutte e tutti noi, la responsabilità ricade principalmente su aziende come Eni, che hanno continuato per decenni a sfruttare le fonti fossili, ignorando gli allarmanti e crescenti avvertimenti provenienti dalla comunità scientifica globale.

Non solo: sta mettendo in campo una strategia comunicativa sempre più pervasiva per ripulirsi l’immagine e sviare l’attenzione dalle sue gravi responsabilità nella crisi climatica, sponsorizzando le manifestazioni sportive, canore e culturali più seguite da italiane e italiani. Non più solo Sanremo e la nazionale di calcio, dunque, ma ora anche la serie A per (almeno) i prossimi tre anni.

Lo sport, la musica, la cultura, il mondo dell’istruzione e dell’informazione dovrebbero essere liberi dalla propaganda tossica dell’industria fossile così come già da tempo è avvenuto con le pubblicità e le sponsorizzazioni dell’industria del tabacco.

* Dipartimento comunicazione Greenpeace Italia

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento