È il giorno della protesta a Jesi. Oggi alle 16 scendo in piazza i lavoratori della Caterpillar, per l’occasione accompagnati da una platea estremamente variegata, che andrà dai centri sociali delle Marche al Pd, con tanto di partecipazione annunciata del ministro del Lavoro Andrea Orlando.

La chiusura dello stabilimento e i 270 licenziamenti annunciati lo scorso 10 dicembre dal direttore Jean Mathieu Chatain. La trattativa, intanto, non si sblocca: il primo tavolo in regione, al quale Chatain è presentato accompagnato da un avvocato e scortato dalla digos, è finita in un nulla di fatto. Il governatore Francesco Acquaroli ha parlato di «posizione inammissibile» da parte dell’azienda, mentre l’assessore al Lavoro Stefano Aguzzi si è raccomandato alla dirigenza di «pensare qualche giorno» alla decisione di chiudere la sede di Jesi.

Chatain, a quanto riferiscono i presenti, ha preso nota delle richieste senza replicare. Il prossimo passo si svolgerà al Mise, ma i sindacati non appaiono per nulla ottimisti: «È una situazione molto diversa da Elica (dove recentemente la trattativa si è sbloccata, con i 400 esuberi iniziali che sono diventati 150 su base volontaria, ndr) – spiega un dirigente della Cgil –, mettiamoci anche che Caterpillar non ha mai preso un euro pubblico e quindi è difficile trovare elementi su cui fare breccia per aprire una trattativa vera».

Oggi, comunque, è il giorno dell’orgoglio operaio a Jesi: la Caterpillar, sin da quando si chiamava ancora Sima, è da sempre un simbolo della città, e già in diverse occasioni in passato, quando si è presentata una crisi, i cittadini si sono mostrati incredibilmente solidali, lottando fianco a fianco con gli operai senza riserve.

Questa volta, però, la situazione appare più complessa: Caterpillar ha deciso di chiudere lo stabilimento di Jesi sulla base di un calcolo che non sembra lasciar scampo: spostare la produzione dei pistoni che qui si producono vorrebbe dire risparmiare tra il 20% e il 25% del costo finale. Quando le esigenze di bilancio gridano così forte, evocare la responsabilità sociale della proprietà e dei dirigenti è come affrontare una tempesta avendo a disposizione solo un ombrello.

Quello che si invoca è l’intervento del Parlamento e del governo, soprattutto per quello che riguarda la proposta di legge contro le delocalizzazioni. L’orgoglio dei lavoratori Caterpillar non è in discussione, al di là degli attestati di solidarietà e delle presenze più o meno interessate, quella di oggi è una chiamata a intervenire in maniera concreta. Il «titolo» della protesta («Senza tregua», come da striscione esposto in maniera permanente davanti alla fabbrica) è una dichiarazione d’intenti che di certo non resterà valida solo sulla carta.