Non si placa lo scontro nella maggioranza sulla riforma del catasto. Mentre i centristi vicini a Maurizio Lupi rivendicano il voto di giovedì in commissione alla Camera (che ha salvato il governo bocciando d’un soffio l’emendamento soppressivo della Lega), Giuseppe Conte a sorpresa (pur avendo il M5S votato col governo) sterza verso destra. «Il M5S non vuole nessuna tassa patrimoniale o sulla casa, l’ho ribadito anche a Draghi», ha detto a Fanpage. «Giovedì si trattava di approvare una norma legata più in generale a una delega fiscale, semplicemente per digitalizzare il catasto».

ANCOR PIÙ A SORPRESA, il capo del M5S si schiera con le destre sul super green pass: «Il governo deve prendere atto di una situazione in netto miglioramento ed alleggerire le misure anti-Covid. Ho chiesto a Draghi una revisione globale delle misure, in particolare l’obbligo di green pass rafforzato nei posti di lavoro per gli over 50: una misura giusta quando la curva era in salita, ma con i dati attuali restare a casa senza una retribuzione non è più accettabile». Gongola Salvini: «Bene Conte, la Lega non è più sola in questa battaglia: via subito l’obbligo sui luoghi di lavoro».

La Lega, con Meloni, sta premendo perché a fine marzo, con lo stop allo stato di emergenza, vengano meno anche le limitazioni più severe, a partire all’obbligo di vaccino per lavorare. Già nei giorni scorsi in Senato il Carroccio aveva detto che, senza il voto di fiducia, non avrebbe detto sì in aula all’ultimo decreto Covid (il capogruppo Romeo non ha partecipato alla votazione). Di qui l’attesa per la fine del mese: in Aula a palazzo Madama potrebbe scattare un blitz per accorciare la road map del governo sull’allentamento delle restrizioni al grido di «via subito il super green pass».

IL FRONTE PIÙ CALDO resta quello economico, con la Lega che continua a minacciare «mani libere» sui temi fiscali. E fa arrabbiare non solo il Pd, ma anche i moderati del centrodestra. «Aprire una crisi di governo ora sarebbe irresponsabile», dice Lupi, di «Noi con l’Italia». «Il voto di Forza Italia e Lega è incomprensibile. Se si vuole aprire una crisi di governo lo si dichiari senza sotterfugi, come quello di paventare un aumento delle tasse sulla casa che non c’è: l’aggiornamento degli estimi catastali è un atto tecnico necessario, che va a vantaggio delle persone e sana ingiustizie incredibili».

PAROLE SIMILI A QUELLE del responsabile economico del Pd Antonio Misiani, che bolla come «fake news» l’ipotesi che la riforma del catasto porti un aumento di tasse. «Non c’è nessuna volontà del governo di alzare le tasse sulla casa, si tratta solo di una ricognizione», precisa la sottosegretaria all’Economia Cecilia Guerra di Leu, che giovedì aveva alzato i toni evocando la caduta dell’esecutivo. «Secondo i nostri conti con una revisione degli estimi oggi squilibrati e iniqui, la maggioranza degli italiani pagherebbe meno».

«Sulla riforma del catasto non c’è un vincolo nel Pnrr, ma solo una raccomandazione dall’Ue: non è una delle riforme obbligatori», attacca il leghista Massimo Bitonci. «Temo che sottotraccia si stiano preparando aumenti di tasse».
Ma il problema è assai più vasto. La maggioranza è divisa su altri aspetti della delega fiscale, concorrenza, codice degli appalti, legge di ratifica del Mes: tutti nodi che nelle prossime settimane dovranno venire al pettini con voti in Parlamento.

MARTEDÌ NUOVO ROUND sul catasto: in commissione Finanze a Montecitorio si voterà un altro emendamento soppressivo della riforma. Ma la maggioranza rischia di ballare anche in Senato, dove è in chiusura la delega sugli appalti e da metà marzo arriva la legge sulla concorrenza.

Dal governo si tenta di derubricare a semplice incidente il 22 a 23 – un solo voto di scarto – incassato sul catasto. Centrare i risultati, e farlo nei tempi previsti, resta l’obiettivo del premier, forte del sostegno del presidente della Repubblica. Per evitare altre grane, il premier ha incaricato il sottosegretario Roberto Garofoli di incontrare i capigruppo di maggioranza del Senato, assicurando massima apertura al dialogo e fissando tavoli tematici per le questioni più delicate. Ora bisogna vedere se quel «cambio di metodo» invocato dai capidelegazione dei partiti un paio di settimane sarà davvero messo in pratica.