Il dato politico delle elezioni siciliane, dove domenica e ieri si è votato in 142 comuni, sta in un paio di episodi che descrivono lo stato delle cose nell’Isola: quasi quattro ore dopo la chiusura dei seggi, quando nel resto del Paese la festa degli eletti si stava concludendo, all’ufficio elettorale della Regione erano appena pervenuti i dati dell’affluenza alle urne, 66,07%, senza possibilità di raffronto con le precedenti amministrative: i funzionari e la società che si occupano dell’elaborazione dei dati – nella terra di Archimede – hanno un’idea molto personale delle scienze statistiche. Al caos, che qui è un’ideologia, hanno dato il loro contributo Catania e Messina (che con Siracusa e Ragusa sono i capoluoghi di provincia chiamati al voto): in alcune scuole delle due città manca il fax, così i vigili urbani hanno portato a mano i dati alle prefetture.

Dopo il dato politico, ecco quello elettorale: Enzo Bianco (centrosinistra allargato all’Udc e ad ex uomini di Raffaele Lombardo) già al primo turno è stato eletto per la terza volta sindaco di Catania, sconfiggendo l’uscente del Pdl Raffaele Stancanelli e chiudendo l’era del centrodestra che andava avanti dal 2000, l’anno in cui Bianco si dimise da sindaco per fare il ministro dell’Interno e lasciare la città al medico di Berlusconi Umberto Scapagnini. Alle 10.30 di martedì, finalmente il dato ufficiale. Bianco ha ottenuto 44.537 preferenze, pari al 50,62% dei voti. La sua vittoria è comunque matematicamente certa. Il sindaco uscente del Pdl, Raffaele Stancanelli, ha ottenuto invece il 36,62%, pari a 32.218 voti.

Deludente il risultato del Movimento 5 Stelle, che non va oltre il ballottaggio a Ragusa, dove Federico Piccitto è alle spalle del candidato del centrosinistra Giovanni Cosentini, voluto dal governatore Rosario Crocetta. A Catania invece soltanto il 4% dei voti, sotto la soglia di sbarramento e dunque nessun consigliere eletto.

La Sicilia, primo felice test di Grillo, che soltanto lo scorso ottobre aveva portato 15 consiglieri all’Assemblea regionale, ha punito i pentastellati, caparbiamente arroccati sulle loro posizioni, anche quando sarebbe stato facile e persino ovvio condividere il percorso con candidati come Renato Accorinti, il leader del Movimento No Ponte, che a Messina ha corso da solo contro tutti: contro il candidato del centrosinistra Felice Calabrò, contro i due esponenti di un dilaniato centrodestra (il deputato del Pdl Enzo Garofalo e l’ex assessore Gianfranco Scoglio) e contro Maria Cristina Saija, del M5S, abbandonata dai suoi elettori e ferma a una percentuale che non dovrebbe superare il 3. Renato Accorinti si è piazzato secondo con un buon 23,9% ma non basta, perché a Messina, Garofalo è a un passo dal farcela al primo turno con il 50,1% dei voti. E’, sì, una vittoria del centrosinistra, ma che fa capo al “padrone” del partito nella città dello Stretto, l’ex sindaco Francantonio Genovese, ricco imprenditore e collettore di voti, di salda tradizione democristiana e con un concetto molto familistico della politica: il cognato è stato recentemente eletto deputato regionale con una sorta di plebiscito, una vera dimostrazione di potenza.

Il centrosinistra è in testa anche a Siracusa, con Giancarlo Garozzo, seguito da Edgardo Bandiera ed Ezechia Reale, il primo candidato ufficiale del centrodestra, il secondo proposto dal “dissidente” del Pdl, Vincenzo Vinciullo, deputato regionale, storico avversario della concittadina Stefania Prestigiacomo e già “scomunicato” dalla ex ministra pidiellina che si è affrettata ad aprire la pratica per la sua espulsione dal partito.