Non si può certo dire che la politica catalana non riserva sorprese. Ancora una volta il partito anticapitalista della Cup è riuscito a far saltare per aria tutti i piani della politica tradizionale. Dopo una lunga giornata di votazioni, il consiglio politico allargato di questa formazione movimentista domenica ha deciso di non appoggiare il candidato Artur Mas, attuale presidente catalano ed esponente della coalizione Junts pel Sí (JxS), come nuovo presidente.

Il 27 dicembre l’assemblea della Cup che doveva dirimere la vicenda si era conclusa con un sorprendente pareggio. 1515 delegati votarono che, nonostante il piano di “shock sociale” che JxS aveva accettato controvoglia, per la Cup era inaccettabile che il futuro presidente del governo catalano fosse lo stesso che aveva approvato in questi anni proprio quei tagli sociali e quelle privatizzazioni che ora accettava di correggere. Altrettanti avevano invece votato convinti che Mas fosse l’unico capace di affrontare Madrid e di traghettare la Catalogna verso un nuovo stato, in ogni caso con un governo temporaneo di 18 mesi in cui la Cup non sarebbe entrata, e con una verifica dopo sei mesi. L’inaspettato pareggio aveva gettato tutti gli osservatori politici catalani e i partiti nello sconcerto. Tanto più che la Cup aveva giurato e spergiurato in campagna elettorale che mai e poi mai avrebbe appoggiato Mas.

Ma le elezioni del 27 settembre parlavano chiaro: i 62 deputati di JxS (coalizione formata da Convergència, il partito di centrodestra di Mas, ed Esquerra Republicana, il partito indipendentista di stampo socialdemocratico) senza almeno due voti favorevoli (dei dieci a disposizione della Cup) non erano sufficienti per riportare Mas alla presidenza della Generalitat contro i 63 di tutta l’opposizione. Di qui tre mesi di trattative serrate in cui la Cup era riuscita a strappare a JxS un pacchetto da 270 milioni per combattere alcune importanti ingiustizie sociali (la Cup proponeva nel suo programma 7 miliardi per questo piano), lasciando in secondo piano il tema del nome.

Mas su questo punto è però sempre stato inflessibile. Magari una presidenza affiancata da ben tre vicepresidenti con ampi poteri, ma era lui a dover presiedere il governo della “disconnessione” con la Spagna. La caparbietà di JxS aveva messo la Cup con le spalle al muro, dato che senza un’investitura entro il 9 gennaio, si deve andare a nuove elezioni. E così dopo l’impasse del 27, la Cup ha riunito domenica 56 rappresentanti delle assemblee territoriali, consultate la settimana scorsa, più 11 portavoce delle organizzazioni legate all’organizzazione anticapitalista, più i suoi dieci deputati e i 15 membri della segreteria nazionale (tutti e 25 senza diritto di voto). E, dopo una giornata di votazioni che scartavano via via le diverse opzioni, è finita che con 38 voti a favore, 22 contro e sei astensioni, il consiglio politico ha deciso che i dieci deputati della Cup si devono astenere. Mas non passa.

La giornata di ieri è stata convulsa. Alcuni esponenti della Cup assicuravano che c’è ancora una settimana perché “JxS faccia un passo” – cioè proponga un altro candidato (per la prima volta hanno fatto esplicitamente tre nomi: il segretario di Esquerra, Junqueras; il capolista, l’ex rossoverde Romeva o la attuale vicepresidente, Monté, dello stesso partito di Mas). Ma il movimento è spaccato.

Il capolista e portavoce della Cup Antonio Baños (colui che in campagna aveva garantito che la Cup “mai e poi mai” avrebbe votato Mas) annunciava nel pomeriggio che rinunciava al suo seggio spiegando che era fra chi voleva accettare la proposta di JxS per iniziare una legislatura di “rottura irreversibile con lo Stato spagnolo” e che non si sentiva “capace” di difendere una posizione che non condivideva.

Convèrgencia in mattinata aveva fatto sapere che non fornirà nessuna alternativa a Mas, mentre in serata Junqueras di Esquerra implorava che le negoziazioni continuino fino all’ultimo momento. Dopo l’impasse della Cup e i risultati positivi del partito a dicembre, Esquerra sta ricevendo molte pressioni per disfarsi della zavorra di Mas. Ma finora tiene botta e rimane fedele.

Se la situazione non si sblocca, quello che succederà è un’incognita. Se come sembra JxS si rompe, uno degli scenari possibili se si ripetono le elezioni catalane è un accordo fra Esquerra, la Cup e En comú podem (la marca di convergenza di Podemos, Izquierda unida e i rossoverdi che è stato il più votato a dicembre in Catalogna). Un’ulteriore campagna elettorale in Catalogna di certo non favorirà la formazione di un governo a Madrid.