Secondo schiaffo internazionale per il giudice che istruisce la causa contro l’ex presidente catalano Carles Puigdemont e alcuni dei suoi ministri – alcuni dei quali sono in carcere preventivo da mesi e altri sono fuggiti all’estero. Dopo l’umiliazione dei giudici tedeschi, che non ravvedevano la violenza necessaria per giustificare la sedizione di Puigdemont, stavolta la steccata è arrivata dal Belgio. I magistrati belgi, che dovevano stabilire se applicare l’ordine europeo di arresto a Toni Comín, Meritxell Serrat e Lluís Puig e consegnarli alla Spagna, hanno sentenziato che la richiesta del giudice Pablo Llarena contiene un insanabile vizio di forma ed è illegittima. Il bello è che i belgi gliel’avevano già fatto sapere nelle scorse settimane, e Llarena non è stato in grado di valutare la portata dell’errore.

Formalmente, secondo una sentenzia del Tribunale di Giustizia della Ue del 2016, l’ordine di arresto europeo deve essere basato su un ordine di arresto nazionale, che Llarena non ha prodotto. Poiché le istanze spagnole non possono ricorrere, e l’accusa belga era d’accordo con le difese, questo significa che i tre ministri ora sono cittadini liberi in tutto il mondo, eccetto che in Spagna. E il bello è che lo stesso potrebbe accadere anche a Puigdemont (per l’ultimo reato su cui rimane da decidere, il peculato) e Clara Ponsatí (riparata in Scozia). A meno che Llarena non ricominci tutto il processo daccapo, rischiando però una nuova umiliazione.