Il carattere irreversibilmente socialista dello Stato e della società cubana, il partito unico comunista «come forza suprema della società e garante dell’unità e della sovranità nazionale» ma aperto a un processo di critica interna; l’assoluta priorità alla realizzazione e attualizzazione dei riforme economiche (Lineamenti) varate nel precedente Congresso – seppur con la preoccupazione che possa crearsi una classe media che potrebbe essere utilizzata come testa di ponte da parte degli Usa- e il proseguimento del processo di normalizzazione delle relazioni con gli Stati Uniti; la necessità di ringiovanire i quadri dirigenti del partito e del governo come parte del processo di rinnovamento; la mano tesa a un ruolo attivo della Chiesa cattolica nella società cubana; la continuità della politica antimperialista e in questo ambito la solidarietà con il governo bolivariano del Venezuela sotto attacco Usa. Son questi i temi centrali del discorso con cui Raúl Castro ha dato inizio ieri al VII Congresso del Partito comunista cubano (Pcc) di fonte a mille delegati e a più di duecento invitati.

Si è trattato dunque di un discorso programmatico formalmente continuista, che ha messo al centro delle politica del partito per i prossimi cinque anni – che resteranno sotto la guida della dirigenza «storica», ovvero quella formatasi nella Rivoluzione vittoriosa nel 1959 – l’economia e la normalizzazione col potente vicino del Nord, ma con il chiaro annuncio dell’inizio di «un processo di transizione» che implica sia un «rinnovamento generazionale» della direzione del partito-Stato, sia un dibattito critico interno al partito che potrebbe formalizzare correnti interne, sia cambiamenti della Costituzione che dovrebbero essere sanciti da un referendun popolare. Secondo lo storico e analista Enrique López Oliva, si tratterebbe di una mediazione tra posizioni interne al Pcc che potremmo definire «ortodosse» e «pragmatico-riformatrici», che fa intravvedere la possibilità di riforme politiche nei prossimi cinque anni. Dopo la visita a Cuba del presidente Barack Obama e soprattutto dopo l’impatto (favorevole) del suo discorso alla popolazione cubana alcune voci avevano ipotizzato uno scontro di linea all’interno del partito comunista. I duri interventi di Fidel contro la «mano tesa» di Obama e il pericolo che essa costituiva per il socialismo cubano segnalavano, secondo tali voci, la volontà del lider maximo di «correggere» una posizione interna al Pcc ritenuta pericolosa. Dunque non vi è stata frattura, Raúl ha insistito sulla necessità del partito unico, mettendo in risalto che cedere alle sirene «della democrazia borghese» e accettare un processo di divisione o frammentazione interno «sarebbe l’inizio della fine». Il presidente e primo segretario del partio si è invece espresso a favore di un «rafforzamento della nostra democrazia» aprendo il partito a un dibattito interno e «con la partecipazione della società» senza paura di «manifestare differenze e critiche».

Una parte importante di questo processo, definito «di transizione», comporta un rinnovamento generazionale con la proposta che l’età massima per far parte degli organi dirigenti del partito (Comitato centrale e Ufficio politico) e dello Stato sia di 70 anni e che non si possa occupare più di due mandati di cinque anni: in pratica che tutta l’attuale direzione dovrà essere rinnovata. Come sempio, Raúl ha confermato che lascerà la presidenza della repubblica nel febbraio 2018 alla scadenza del suo secondo mandato. Mentre l’abbandono della carica di primo segretario del Pcc sarà automatica, visto che quest’anno Raúl compie 85 anni.

Il presidente ha ribadito che il completamento e l’attualizzazione del processo di riforme economiche e sociali decise cinque anni fa costituisce, assieme al «controllo rivoluzionario» della normalizzazione dei rapporti con gli Usa, «la maggiore sfida per il partito». Il più giovane dei Castro ha espresso in questo ambito la sua preoccupazione per gli aumenti dei prezzi di una serie di generi alimentari di base che generano malcontento nella popolazione e il timore che lo svilupparsi del lavoro por cuenta propria, ovvero privato, possa indurre una pericolosa forbice sociale con la formazione di una classe sociale – una classe media – che potrebbe rivendicare riforme politiche con l’appoggio degli Stati Uniti. In questo quadro ha implicitamente riconosciuto che la Chiesa cattolica – presente e attiva in tutta l’isola anche nel campo sociale – possa svolgere un ruolo importante come alleata del partito.