Da alcune settimane un comitato locale si è fatto promotore dell’uscita del territorio di Castelluccio di Norcia dal Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Alla base di tale anacronistica richiesta vi sarebbe una presunta responsabilità del Parco nel rallentamento della ricostruzione di questi luoghi, colpiti dal sisma dello scorso anno.

Le difficoltà che le comunità locali stanno affrontando nella fase post-terremoto sono tante, ma la soluzione non è delegittimare un’area naturale protetta che, oltre ad essere un patrimonio di quelle stesse comunità, rappresenta un bene comune di tutti i cittadini italiani ed europei. Individuare nel Parco il caprio espiatorio è un’operazione scorretta e pericolosa: l’Ente, nonostante l’inagibilità della sede, il personale delocalizzato in due sedi provvisorie e l’assenza di risorse straordinarie per la gestione dell’emergenza, sta provando a fornire risposte alle richieste di autorizzazione, previa opportuna valutazione dell’impatto ambientale.

Le proteste sono l’effetto di un disagio diffuso, comprensibile e in parte giustificabile, ma la risposta non può essere consentire la realizzazione di qualsiasi progetto, in particolare se causano la distruzione del territorio. Al contrario, la tutela e la valorizzazione del patrimonio naturale possono essere un strumento per far ripartire l’economia di questi territori.

Senza considerare che le misure di salvaguardia in vigore nel Parco sono dettate essenzialmente da direttive comunitarie (Direttiva “Habitat” e Direttiva “Uccelli” che costituiscono l’ossatura della Rete Natura 2000) per cui si dovrebbero rispettare anche senza il Parco! Misure di conservazione per le quali l’Italia, compreso il territorio dei Monti Sibillini, riceve finanziamenti da parte dell’Unione Europea. Chiedere l’uscita dal Parco e il non rispetto delle direttive europee vuol dire non rendersi conto della relazione esistente tra le sovvenzioni di fondi comunitari (in particolare le risorse della Politica Agricola Comune) e gli obiettivi di conservazione del capitale naturale tutelato dalla Rete Natura 2000.

E sarebbe molto grave strumentalizzare il dramma del sisma per proporre, in regime emergenziale, progetti e opere incompatibili con le finalità di tutela e sviluppo sostenibile di un’area protetta nazionale. Nell’ultimo anno, sia sul versante umbro che su quello marchigiano del Parco, sono stati presentati progetti che non trovano alcuna giustificazione nella gestione post-terremoto. È concreto il rischio che, in nome dell’emergenza, si autorizzino interventi che, prima del sisma, sarebbero stati impensabili per il loro elevato impatto ambientale su habitat prioritari: opere come l’enorme centro commerciale “Deltaplano” che dovrebbe sorgere proprio a Castelluccio di Norcia in provincia di Perugia o il lago artificiale a oltre 1700 metri di altitudine nell’area del Monte Prata, nel Comune di Castelsantangelo sul Nera in provincia di Macerata, non sarebbero state prese in considerazione. Oggi, invece, tutto sembra consentito e chi prova a sollevare obiezioni, chiedendo peraltro il semplice rispetto delle leggi, viene accusato di non volere la rinascita di questi territori.

Sicuramente i cittadini colpiti dal sisma hanno bisogno di risposte, ma queste non possono essere date esclusivamente dall’Ente Parco, costretto peraltro a fare i conti con le poche risorse oggi disponibili, insufficienti per affrontare le attività ordinarie e l’emergenza.

Per queste ragioni il WWF Italia aveva presentato alle forze politiche una proposta di emendamento al testo della legge di stabilità 2018 per uno stanziamento straordinario al Parco Nazionale dei Monti Sibillini e al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, i due parchi colpiti dal sisma. Avrebbe garantito un sostegno alla ripresa delle attività di fruizione, educazione e informazione nei territori delle due aree protette a supporto della volontà di resistenza e rinascita delle comunità locali. La proposta, purtroppo, è caduta nel vuoto…