Castellammare di Stabia è la città delle acque. Le antiche terme e il cantiere navale (fondato nel 1783) hanno dettato per secoli i ritmi della cittadina tra la zona vesuviana e la penisola sorrentina. Le terme, di proprietà del comune, sono fallite nel 2014. Una decisione presa dall’amministrazione dem dell’epoca e duramente contestata. Il cantiere è a rischio chiusura da un decennio. Gli effetti di questo disastro si leggono nei risultati della sinistra alle elezioni.

I 5S il 4 marzo hanno incassato 60.324 voti, raggiungendo il 46,58%. Forza Italia è poco sopra il 22% e la Lega ha raccolto il 3,66%. Il Pd ha racimolato 17.104 voti totalizzando il 13,2%, Leu si è fermata al 2,38%. Il Pd di Veltroni nel 2008, l’anno della nascita dei dem, aveva avuto il 33,6% che, sommato all’Idv, portava la coalizione di centrosinistra a Castellammare al 41,4%. Con Bersani nel 2013 il Pd era al 23,8% e la coalizione al 29. Il centrodestra aveva prevalso con il 34,2% (Pdl al 24,3%) ma i 5S erano già al 20,8%. L’esito delle tornate amministrative avrebbe dovuto far suonare il campanello d’allarme nel centrosinistra.

L’ultimo sindaco a completare il mandato è stato Salvatore Vozza, che all’epoca era in Sinistra democratica (poi confluita in Sel), in carica dal 2005 al 2010.

Dopo di lui ci ha provato prima Luigi Bobbio con il Pdl, poi Nicola Cuomo con il Pd, quindi Antonio Pannullo ancora per il Pd, sfiduciato nel 2016. Tutti e tre hanno retto solo due anni. «Sempre gli stessi consiglieri comunali fanno eleggere i sindaci e poi li fanno cadere in un ricatto continuo. Il voto ai pentestellati è stata una punizione» spiega Tonino Scala di Leu.

«I voti ai 5S sono stati una ribellione – commenta il segretario provinciale della Fiom, Antonio Santorelli -. A Castellammare, a Torre Annunziata tocchi con mano la povertà. Genitori in galera e figli in giro armati. Il centrosinistra ha voltato le spalle ai lavoratori. La regione di Vincenzo De Luca, targata Pd, finanzia con i fondi europei gli Lpu – lavori di pubblica utilità, che sono un affare per le società che gestiscono i bandi e diventano una miseria di 400, 500 euro al mese elargiti ai destinatari». E i cantieri navali? «Sono anni che ci battiamo con Fincantieri per avere una missione produttiva – prosegue – , siamo diventati un cantiere di servizio per le produzioni del centro nord. Dal 2009 aspettiamo che si facciano i lavori per il bacino, nel frattempo facciamo produzioni importanti col sistema tradizionale, a secco con lo scivolamento a mare. Siamo talmente bravi da essere gli unici a fare la palla di prora tutta a mano. In questo momento ci sono un centinaio di operai di Castellammare in altri siti, a Monfalcone, Ancona, Genova, Marghera. La direzione spinge perché restino fuori. Ci vogliono chiudere piano piano».

Sono arrabbiati perché il governo, Fincantieri controllata da Cassa depositi e prestiti e la regione non difendono quello che è un pezzo costitutivo della storia e dell’identità collettiva della comunità: «Il governatore – spiega Santorelli – ha avuto il coraggio di dire che era tutto apposto perché per dieci anni potevamo fare i traghetti da 30 metri per collegare le isole. È un insulto alle capacità delle nostre maestranze: attualmente stiamo realizzando una nave militare multifunzione da 240 metri».

Renzi aveva benedetto i piani di espansione in Francia di Fincantieri, rendendo la posizione di Castellammare ancora più precaria. Attualmente nel sito campano ci sono 563 lavoratori diretti e circa 800 nell’indotto. Qualche anno fa erano 700 e 2mila gli esterni. «L’operaio ha scelto chi gli dava una speranza» conclude Santorelli.