L’effetto combinato del tracollo del modello cooperativo emiliano e della deregulation sugli appalti introdotta col Jobsact. La vertenza della Castelfrigo – impresa di lavorazioni carne con 77 milioni di fatturato annuo a Castelnuovo Rangone (Modena) – va avanti dal gennaio 2016, è diventata drammatica dal 13 ottobre – quando prima 75 e ora 120 soci dipendenti di due cooperative in appalto hanno la certezza di essere licenziati semplicemente perché hanno chiesto minini diritti e condizioni contrattuali – e da ieri è diventata nazionale. DOPO SETTIMANE DI PRESSIONI infatti il presidente della Regione Stefano Bonaccini (Pd) ha rotto gli indugi denunciando l’«inaccettabile situazione ai limiti della legalità e di sfruttamento dei lavoratori» e, scivendo ai ministri Poletti – ex presidente di Legacoop – e Calenda chiede loro di «farsi parte attiva» affinché «dagli uffici dell’Ispettorato nazionale del lavoro vengano svolti al più presto tutti i controlli necessari per verificare la fondatezza delle denunce inerenti l’esistenza di gravi azioni illecite e illegali» perché «si proceda con sollecitudine nel far applicare le leggi in vigore».
PECCATO CHE PROPRIO LE LEGGI approvate in questi anni dal Pd siano lo strumento su cui fanno leva le finte cooperative e la Castelfrigo. «Il Jobs act ha abrogato la somministrazione fraudolenta di manodopera e così gli ispettori del lavoro che potevano condannare le imprese ad assumere direttamente i lavoratori falsamente in appalto ora non lo possono più fare; in più il decreto legislativo 8 del 2016 del ministro Orlando ha depenalizzato la somministrazione irregolare di manodopera: da reato penale diventa amministrativo e così datori e committenti si dividono una multa massima da 16mila euro, per loro sono briciole e continueranno a farlo», spiega Umberto Franciosi, segretario regionale della Flai Cgil che da tempo segue da vicino la vertenza che sabato scorso ha portato anche la leader Cgi Susanna Camusso a solidarizzare con i lavoratori in lotta.
COME SEMPRE in queste vertenze la lotta fra poveri fa i suoi proseliti. Da una parte i 120 lavoratori – tutti migranti in maggioranza cinesi, albanesi e ghanesi – dall’altra i 100 dipendenti diretti e i soci-dipendenti che «si sono comportati bene» e hanno già la promessa di essere riassunti in una nuova cooperativa a gennaio. «In questa vertenza abbiamo perso 50 iscritti fra i lavoratori diretti che sono passati alla Cisl perché così gli è stato consigliato dall’azienda – spiega Franciosi – ma andiamo avanti con la nostra battaglia di legalità».
IL CASO CASTELFRIGO è comunque la punta dell’iceberg di un problema molto più esteso «in cui rischia di prosperare anche la malavità con il riciclaggio». Siamo davanti ad un vero e proprio «sistema» che punta ad abbassare drasticamente il costo del lavoro. «Noi abbiamo lottato perché ai dipendenti soci delle cooperative venisse riconosciuto il contratto nazionale – continua Franciosi – e difatti appena prima che entrasse in vigore sono arrivate le procedure di licenziamento motivate su una crisi inesistente, visto che si lavora dalle 5 del mattino e anche il sabato». Secondo la Cgil «il costo medio orario di lavoro a Castelfrigo è di 27 euro all’ora, nelle cooperative varia dai 13 ai 15 grazie al mancato rispetto del contratto, straordinari non pagati e stratagemmi vari». L’altro grande business è il mancato pagamento di Iva e contributi. «Il committente scarica il 22 per cento di Iva attraverso il pagamento di fatture per appalti di opere e servizi al Consorzio; il Consorzio scarica sulle cooperative la stessa Iva, la cooperativa che dovrebbe versare l’Iva allo Stato dopo uno o due anni chiude senza versarla – continua la Cgil -. Oltre a questo non vengono versati i contributi, Irap e Irpef».
BONACCINI NELLA LETTERA fa riferimento «alla legge di iniziativa popolare promossa dalle centrali cooperative per evitare la nascita di false cooperative». Peccato che sia ferma da anni e che il mondo cooperativo nel frattempo stia pian piano diventando uguale – a volte peggio – delle imprese. Le stesse che continuano a difendere Castelfrigo, tanto che la Confindustria locale non si è degnata nemmeno di richiamarla.