«È un segnale preciso, e dice: vi colpiamo quando vogliamo». Per il magistrato Felice Casson, senatore Pd e componente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza, gli attentati di Bruxelles sono «un salto di qualità».

È la risposta dell’Isis all’arresto di Salah?

Ci può essere un collegamento, perché in situazioni così chi sta organizzando attentati sa che corre il rischio che la rete venga scoperta e smantellata, quindi accelera i tempi. Ma era tutto programmato da tempo: interventi così coordinati prevedono una pianificazione.

Questi attentati erano del tutto inaspettati?

No. Nelle settimane passate c’erano state segnalazioni che riguardavano l’Europa e l’Italia. Infatti l’allarme era elevato, tant’è che al Copasir abbiamo convocato già dalla settimana scorsa per domani (oggi, ndr) Arturo Esposito, il direttore dell’Aisi, i servizi per l’intelligence interna.

Che tipo di segnalazioni?

Dei contenuti non posso parlare. Ma erano tali da imporci una verifica anche per la parte di competenza del parlamento.

L’Italia è nel mirino dell’Isis?

Quello che si può dire è che l’Italia è oggettivamente un obiettivo, soprattutto le città d’arte, Roma, Milano. Ma il coordinamento dimostrato dai terroristi deve farci pensare che se lo decidono, possono arrivare dove vogliono. Quindi è difficile tutelare tutto il territorio e tutti i cittadini. Bisogna lavorare sulla prevenzione e sull’intelligence.

Ma per farlo ci vorrebbe un coordinamento fra stati europei. Che non c’è.

L’elevatezza dello scontro impone di rivedere le strategie soprattutto a chi fino a ieri ha rifiutato qualsiasi modifica normativa. Si tratta di far funzionare in maniera diversa tutti gli apparati e gli organismi: l’intelligence, quelli di polizia e prevenzione, la magistratura. Il che vuol dire dotarsi di organismi se non unitari almeno fortemente collegati ed efficienti. Invece fino a qui anche su una procura europea ci sono state molte risposte negative.

Quale paese si oppone di più?

Complessivamente è l’insieme degli stati europei a frenare. Ci sono forme di ritrosia, di malfidenza, di gelosie. Manca l’unità politica e questo si ripercuote anche nei servizi di intelligence. E a scalare nelle polizie e nelle procure. L’Italia da tempo propone una procura europea contro il terrorismo e la grande criminalità organizzata. Fino a qui i collegamenti si basano solo sui rapporti interpersonali. Nei giorni scorsi anche il ministro Orlando ha confermato questa estrema difficoltà. E se la difficoltà parte dal livello della magistratura, immaginiamoci quella dell’intelligence.Ma se non si lavora in coordinamento reale con gli altri paesi non se ne viene fuori.

Il ministro Alfano ha detto che ha pronto un pacchetto di espulsioni.

Una singola misura non è risolutiva. Ne espelli cento, ma magari quello che cerchi sta negli altri duecento.

Resta che il ricercatissimo Salah è stato ’trovato’ a Molenbeek, dov’era sempre stato. La polizia belga ha sbagliato di grosso o c’è un’altra possibilità? C’è chi parla di un patto.

Se fosse stato stretto un patto sarebbe stato un patto sconsiderato. No, solo imbecilli criminali possono pensare cose così. Invece osservo che anche in altre città europee ci sono zone note, come Saint-Denis a Parigi o alcuni sobborghi di Londra, dove migliaia di persone di origine o fede musulmana vivono tranquillamente, ma nelle cui comunità si possono annidare terroristi. Il problema è avere il controllo di queste zone. Non è un caso che Salah sia rimasto là, era persino banale pensarlo. I maggiori criminali cercano rifugio dove hanno maggiore protezione.

In Italia ci sono situazioni paragonabili?

Non ancora, ma solo perché nelle altre capitali europee ci sono fenomeni migratori più consistenti e ormai arrivati alla terza generazione, sui quali si sommano i problemi delle città a quelli del mondo arabo nelle sue espressioni più radicali.

Secondo le informazioni che arrivano al Copasir la possibilità della guerra in Libia ha un ruolo nell’allarme terrorismo?

Un coinvolgimento dell’Italia in Libia aumenterebbe, e anche di molto, i rischi. Ma questo è il mio parere.