In Puglia, nell’area infetta da Xylella e nelle zone cuscinetto, secondo un decreto emanato dalla Regione, dal 2 maggio è obbligatorio il trattamento con pesticidi pericolosi, dannosi per le api e la biodiversità, non ammessi dal Regolamento europeo e compromettenti per le coltivazioni biologiche che rischiano quindi la decertificazione.

Gli interventi in agricoltura, anche se cercano di eradicare una patologia grave come la xylella, vanno fatti con criterio, nel rispetto dell’ambiente, della salute della popolazione e con l’attenzione verso l’economia del territorio. Il decreto xylella preoccupa non solo per l’impatto ambientale e i danni al settore bio ma anche per il rischio che un’area sottoposta a una così alta pressione chimica venga bruciata dal mercato e scansata dal turismo a mo’ di terra dei fuochi.

Ad aggravare la situazione c’è il metodo: un intervento a «calendario», cioè fatto perché ci possano essere le condizioni per lo sviluppo e non per evidenza della presenza, rilevata con un serio e capillare monitoraggio. È da oltre un decennio che la ricerca scientifica esclude l’utilità di questo tipo di trattamenti che colpiscono tutta l’entomofauna, compresa quella utile, a partire dalle api, deprimendo la biodiversità naturale e aumentando il rischio di insorgenza di resistenze. E pensare che c’è un Pan (Piano Agricolo Nazionale per l’uso sostenibile dei presidi fitosanitari), che prevede una costosa formazione degli agricoltori sui criteri obbligatori da seguire per un corretto intervento. E c’è anche un recente divieto europeo di utilizzare 3 neonicotinoidi, principi attivi devastanti per le api, che però figurano nell’elenco dei prodotti consigliati nel decreto Martina.

Prima di prendere decisioni definitive bisognerebbe aspettare i risultati dei monitoraggi in corso: quello dell’Arif Puglia, l’Agenzia regionale per le attività irrigue e forestali, e quello commissionato alle Facoltà di Agraria di Bari e Foggia.

Nel frattempo è indispensabile che la Regione Puglia inviti gli agricoltori a non effettuare trattamenti fino a una chiara definizione delle problematiche e autorizzi le aziende biologiche a intervenire, ove necessario, con i prodotti ammessi dal Regolamento europeo.

Obbligare le aziende bio a utilizzare pesticidi pericolosi per l’ambiente e per la salute degli stessi agricoltori e dei consumatori è un grave atto ostile allo sviluppo del settore dell’intera area, con gravissime ripercussioni economiche e ambientali.

Il futuro governo dovrebbe seriamente riconsiderare il decreto adottando criteri di tutela ambientale e rispetto per l’agricoltura biologica perché nessuna emergenza giustifica scorciatoie e comportamenti sbagliati.