Un nuovo super testimone che riporta in campo la pista dell’omicidio da inquadrare nella cerchia di relazioni personali di Giulio Regeni, e – attraverso i media filo governativi – la contro richiesta di ottenere verità e giustizia per un cittadino egiziano scomparso a Roma il 5 ottobre scorso, Adel Heikal. Come in una partita di ping pong, l’Egitto ha accolto così ieri il capo della procura di Roma Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco che nel pomeriggio, al Cairo, hanno incontrato non solo il procuratore generale egiziano Nabil Sadeq che li ha invitati e che dirigerà d’ora in poi le indagini, ma anche il capo della procura di Giza, Ahmed Nagy, responsabile finora del fascicolo.

Ed è proprio quest’ultimo che dopo due ore e mezza di vertice, ha riferito di un incontro «positivo», nel quale le autorità dei due Paesi si sono dette convergenti sullo «stesso obiettivo, quello di trovare i responsabili», «si sono scambiate informazioni sull’assassinio» e hanno convenuto che «tutte le piste restano aperte». Riconosciuta la «rettitudine della condotta» di Giulio Regen, il procuratore generale egiziano in serata, con un comunicato, ha precisato: «Entrambe le parti hanno convenuto  di incrementare la loro collaborazione diretta» e «un incontro fra le polizie. Il vertice avverrà molto presto a Roma».

E però, a quanto si apprende, mentre gli inquirenti italiani hanno portato i referti dell’autopsia eseguita a Roma, nel dossier investigativo portato dai magistrati egiziani, contenente «tutte le indagini dei servizi di sicurezza, le deposizioni dei testimoni, degli amici di Regeni, dei vicini di casa, e di colui che ha trovato il corpo, così come il rapporto del medico legale, i tabulati delle telefonate fatte e ricevute prima della scomparsa, i documenti delle forze dell’ordine sui suoi spostamenti negli ultimi giorni», ci sarebbe anche la deposizione di un nuovo super testimone.

L’ingegner Mohamed Fawzi, che ieri ha anche raccontato tutto alla tv egiziana Sada el Balad, giura di aver visto il 24 gennaio tra le 17 e le 18, proprio sotto le telecamere del consolato italiano (che però risultano fuori uso dal luglio scorso), «due stranieri che litigavano e gridavano ad alta voce», uno «grosso e sportivo» che strattonava l’altro «più piccolo». Sostiene Fawzi, di aver saputo che l’uomo spintonato fosse  Giulio Regeni  soilo «dopo aver visto le sue foto pubblicate». Poi l’ingegnere afferma in tv: «In procura, dopo avere finito con la deposizione, mi hanno mostrato circa 200 foto di Regeni con i suoi amici. In una, e solo in quella, ho identificato la persona con cui discuteva il giorno prima di scomparire. Ne sono assolutamente certo». Per concludere che «gli italiani sanno chi è l’assassino e perché è stato ucciso. Può darsi che qualcuno voglia nuocere alle relazioni tra l’Egitto e l’Italia».

Un quadro non tranquillizzante, se si aggiunge  il battage mediatico dei quotidiani filogovernativi – da Youm7 a Al Shorouk – che  negli ultimi giorni hanno rinverdito il caso dell’uomo egiziano di 51 anni scomparso il 5 ottobre scorso nella zona Marconi di Roma (come riferisce il sito di «Chi l’ha visto» che ha pubblicato la notizia il 7 ottobre 2015), due giorni prima di un’udienza del processo contro il suo datore di lavoro. Le indagini della polizia italiana finora non hanno prodotto nulla, e ora – riferiscono i media pro Al Sisi – i familiari di Adel Moawwad Haykel chiedono allo Stato italiano «verità e giustizia», esattamente come l’Italia le pretende (o le pretenderebbe) dall’Egitto.