Le inaccettabili dichiarazioni del ministro Poletti riguardo il fenomeno dell’emigrazione giovanile hanno creato sconcerto in tutto il Paese, ma soprattutto hanno offeso un’intera generazione che subisce le conseguenze di politiche economiche sbagliate e di insufficienti risposte alla crisi. Fra queste ultime, quella del Ministro, il quale sostiene che tra coloro che emigrano c’è una quota di giovani dei quali il nostro Paese non avrebbe bisogno. L’allusione è ai peggiori che se ne vanno, rendendo in modo alquanto grottesco l’idea di un mondo diviso in peggiori e migliori, che può fare a meno dei primi.

Poletti non comprende che i «peggiori» sono oggi quel 99% di giovani e persone comuni le cui condizioni di vita arretrano a causa della globalizzazione e dell’indolenza di governi e di classi dirigenti che non vogliono opporsi ad un sistema economico ingiusto, mentre i migliori, «quelli che ce la fanno», sono sempre meno e sempre più un’élite. Infatti, c’è un nesso di cultura politica e di ideologia economica evidente che connette le affermazioni più recenti del ministro Poletti alle riforme da lui promosse durante il governo Renzi; innanzitutto su questo terreno è necessario che la nostra generazione unisca le forze per combattere la cattiva retorica e le cattive leggi. Ci riferiamo naturalmente all’impianto dell’ultima riforma del lavoro, approvata sotto il nome di Jobs Act, che, come denunciammo all’epoca dei fatti, avrebbe soltanto precarizzato ancor di più le condizioni del lavoro dipendente, spingendo le imprese a competere esclusivamente sul costo e non sulla qualità del lavoro.

L’abolizione dell’art. 18, la cancellazione del reintegro per licenziamenti ritenuti illegittimi, lo spostamento dell’onere della prova a carico del lavoratore sono soltanto alcuni degli interventi che hanno ridisegnato il mercato del lavoro rendendo le nostre vite sempre più precarie. Sono misure peggiorative della vita di tutti i lavoratori ed è necessario che siano urgentemente riviste. Non solo! La promessa (già deludente) che a fronte di un contratto a tempo indeterminato con meno tutele avremmo avuto l’abolizione della vasta platea di forme atipiche, è stata puntualmente disattesa. Pertanto ci troviamo oggi ad avere un contratto a tempo indeterminato (ad indennizzi crescenti) fortemente depotenziato, accompagnato da ancora numerose forme di lavoro temporaneo e instabile. Il Jobs Act peggiora le condizioni del lavoro e non ha in nessun modo aumentato l’occupazione: per questo Poletti ha recentemente dichiarato che sarebbe meglio andare ad elezioni politiche per evitare che i cittadini si esprimano sui referendum della Cgil: egli sa che le urne boccerebbero la sua riforma. Noi ci impegneremo affinché ciò avvenga.

Proponiamo a tutti coloro che stanno chiedendo le dimissioni di Poletti, e in particolar modo ai Giovani democratici, in molti casi nostri ex compagni di partito, la costruzione di una piattaforma comune che vada oltre la richiesta delle dimissioni del ministro e che ci veda tutti partecipi della prossima mobilitazione referendaria. Crediamo, infatti, che in questa particolare congiuntura storica sia necessaria un’alleanza tra tutte le forze del Paese per contrastare il violento attacco perpetuato al mondo del lavoro.

* I «Pettirossi» sono un gruppo costituito in larga parte di giovani ex militanti del Pd e dei Giovani democratici oggi impegnati nel processo costituente Sinistra italiana

  • Qui l’appello dei Giovani Democratici
  • Qui l’appello esteso dei Pettirossi