Un anno fa, la morte del procuratore argentino Alberto Nisman. Il magistrato indagava sull’attentato alla mutua israelitica Amia che, il 18 luglio del 1994, provocò 85 morti e oltre 200 feriti. Un caso ancora irrisolto e sempre materia di scontro politico. Il procuratore venne trovato morto nel suo appartamento in una zona residenziale di Buenos Aires. La pistola vicino al corpo fece pensare a un suicidio: uno strano suicidio «indotto», secondo le indagini. Oppure un omicidio, ordinato dall’alto del kirchnerismo per metterlo a tacere.

Su questa seconda ipotesi si è subito mossa la destra, portando in piazza le corporazioni giudiziarie che la sostengono: e che sono tornate a manifestare ora che a governare il paese c’è uno dei loro, l’imprenditore Mauricio Macri. Il governo ha ordinato di declassificare tutta la documentazione inerente l’inchiesta Nisman. Ora i servizi segreti hanno tempo un mese per portare i documenti al presidente. Macri ha accolto la richiesta della giudice Fabiana Palmaghini che, appena una settimana dopo l’assunzione d’incarico del presidente-imprenditore, il 10 dicembre, ha esautorato dalle funzioni la titolare delle indagini, Viviana Fein, assumendone la direzione.

Una dimostrazione di forza che aveva e ha un grosso bersaglio: l’ex presidente Cristina Kirchner che Nisman avrebbe voluto far processare con l’accusa di aver coperto la cosiddetta pista iraniana nell’attentato che ha colpito la comunità ebraica, la più numerosa di tutta l’America latina. Ora, Macri ha messo nel suo governo persone come Patricia Bullrich, presidente della Commissione del Congresso da cui Nisman sarebbe andato a deporre e con cui aveva parlato pochi giorni prima di morire. Il procedimento contro Cristina Kirchner venne archiviato con un non luogo a procedere. Intanto si scoprirono i conti di Nisman e di sua madre in una banca di New York: fondi per lavare denaro sporco, disse allora il kirchnerismo.

Ma, per le destre, Nisman resta un eroe. E le corporazioni più influenti premono su Macri per chiudere i conti con Cristina e portarla a processo, riprendendo le carte del procuratore: anzitutto per togliere di mezzo l’elevato capitale di gradimento di cui gode la ex presidente e che potrebbe coalizzare l’opposizione sociale. Dopo un primo momento di silenzio, Cristina ha infatti dichiarato il suo rientro in politica e in questi giorni ha rivolto un appello solidale agli operai licenziati da Macri e colpiti dalle politiche neoliberiste.

Figura-chiave nella vita di Nisman è risultata essere la spia Stiuso, uomo della Cia e dei servizi segreti israeliani, che governava le decisioni del procuratore e che ne avrebbe pilotato il suicidio. La spia, fuggita a Miami dov’è attualmente sotto protezione, potrebbe tornare in Argentina per rimestare nuovamente le acque. Ad assegnare il caso Amia a Nisman era stato il defunto presidente Nestor Kirchner, ma negli ultimi tempi, il procuratore si era convinto che Cristina avesse voluto coprire la pista iraniana. Cristina Kirchner aveva fatto declassificare i documenti relativi all’inchiesta Amia e ricevuto i famigliari delle vittime, le cui associazioni si sono divise fra quelle prone agli indirizzi di Israele e quelle intenzionate a sbugiardare i numerosi depistaggi compiuti nel corso degli anni a scapito della verità.

In questi giorni, va in piazza anche un’altra Argentina, decisa a difendere le conquiste ottenute col kirchnerismo che Macri vuole azzerare. In Plaza de Mayo si è svolta una manifestazione per chiedere la liberazione di Milagro Sala, leader indigena eletta al Parlamento del Mercosur (Parlasur) e arrestata con l’accusa di aver istigato alla rivolta i lavoratori delle cooperative della provincia di Jujuy. Il governatore, Gerardo Morales è di Cambiemos, partito alleato di Macri. E vuole liberarsi di una leader riconosciuta, che è stata a fianco dei lavoratori a cui il governo vuole tagliare i fondi e che, da oltre un mese, hanno piantato le tende davanti alla sede della provincia. Nonostante le proteste provenienti da deputati e movimenti latinoamericani, è stato rifiutato il ricorso della deputata, in sciopero della fame. Adesso la si accusa anche di illecito finanziario.

Dopo l’ondata di licenziamenti, (oltre 15.000 lavoratori), le minacce alle Madres de Plaza de Mayo e le misure liberticide contro la stampa comunitaria a colpi di decreto, Macri intende spazzar via il movimento dell’autogestione e delle cooperative, che ha cercato una strada alternativa per uscire dal default del 2001, e che ha ricevuto appoggio dai governi kirchneristi. Oggi, il presidente imprenditore riporta l’Argentina al vertice mondiale di Davos, in Svizzera: per negoziare il rientro senza freni delle grandi multinazionali e ripristinare, come aveva promesso in campagna elettorale, buone relazioni con i fondi avvoltoio, i fondi speculativi che Cristina era riuscita a respingere.

Ripartirà da Davos – ha annunciato Macri – la nuova politica estera dell’Argentina, fin qui orientata alle relazioni solidali sud-sud. L’obiettivo è quello di voltare le spalle alle alleanze guidate da Cuba e Venezuela e scompaginare le carte all’interno del Mercosur. Sullo sfondo, c’è la firma dell’Accordo Transpacifico realizzato dagli Usa, il Tpp e gli accordi di libero commercio con l’Europa nell’ambito del Ttip. Per questo, a Davos, Macri incontrerà John Kerry e anche Netanyahu, per festeggiare la fine degli accordi commerciali con l’Iran nell’anniversario della morte di Nisman.