Un’abitudine da stadio per innervosire gli avversari, mica razzismo. Lo sconcertante messaggio fatto arrivare qualche ora fa dalla curva Nord dell’Inter a Romelu Lukaku, l’attaccante belga di origini congolesi, recente acquisto del club milanese, ripropone il rapporto tra razzismo, intolleranza e calcio italiano sulla mappa dello sport mondiale. Ancora gli ululati con voci da più parti secondo cui bisognerebbe tacere degli intolleranti per non concedergli visibilità. E invece no. Soprattutto all’estero nessuno minimizza queste incivili esternazioni da curva. Anche perché la curva interista ha provato a spiegare a Lukaku che quanto avviene in uno stadio non si riscontra poi negli altri momenti di vita civile: al bar, in ufficio, al supermercato. Ergo, capiterà anche a loro – alla curva interista, di prendere di mira un avversario dalla pelle nera. Non è passato neppure un anno dai cori razzisti di parte della tifoseria interista verso il difensore del Napoli Kalidou Koulibaly, che esplose in campo spiegando poi sui social la sofferenza prodotta dalle offese negli stadi italiani. E non solo vomiti razzisti, ma anche di discriminazione territoriale, con Napoli e i napoletani presi particolarmente di mira. Nel frattempo, pochi i passi in avanti, nonostante la tecnologia, il 4 G e non il Gps di antica memoria, permetta in molti impianti di offrire immagini nitide dei protagonisti sugli spalti.

NELLE ULTIME ORE sul caso Lukaku si è saputo del supplemento d’indagine della Figc, dell’appoggio della Fifa contro offese, cori, canti offensivi. Non basta, ovviamente, a spegnere il fuoco delle polemiche, o addolcirle, magari più facile in Italia, meno in altri Paesi. Lo stesso Lukaku non è rimasto in silenzio: poche ore dopo i fatti di Cagliari ha invitato i club e le federazioni calcistiche a fare di più, dalle parole ai fatti, individuazione dei colpevoli, non degni di accomodarsi allo stadio, tra donne e bambini. Mentre i quotidiani esteri hanno sottolineato, per esempio, come il Cagliari debba ancora essere punito per l’accaduto, con una fetta della tifoseria sarda recidiva: lo stesso trattamento è stato riservato nello scorso campionato allo juventino (e della nazionale italiana) Moise Kean. E negli ultimi anni hanno subito offese di stampo razzista in diversi stadi Matuidi, Muntari, per arrivare alla pallonata scagliata verso i tifosi della Pro Patria del milanista Boateng, che decise anche di abbandonare la partita.

ED E’ PROPRO QUESTO l’invito che arriva dalla Premier League, dall’attaccante Demba Ba: tutti via dai campi di Serie A, in caso di episodi di razzismo. E pure Lilian Thuram, ex fuoriclasse francese di Parma e Juventus in Italia, campione del mondo e una vita dedicata alla lotta al razzismo, si piazza in coda alle parole di Demba Ba. “Fermate, o siete conniventi – ha detto Thuram al Corriere dello Sport”, ricordando che il calcio europeo pare avvertire un diffuso sentimento di intolleranza. Da Pogba, in Premier League, offeso per il colore della pelle sui social dopo un rigore sbagliato, all’autosospensione del presidente dello Schalke 04, Toennies, dopo aver detto che “in Africa dovrebbero costruire più centrali elettriche, così gli africani smetterebbero di abbattere gli alberi e di fare bambini al buio”.