In attesa della riunione dell’eurogruppo di lunedì, che potrebbe forse portare ad un comunque difficile ed incerto compromesso sulla questione greca, può essere opportuno ricordare il ruolo giocato nella vicenda da alcuni dei principali protagonisti.

Qualche incoraggiamento al nuovo corso politico è venuto principalmente da entità lontane, da Stati Uniti e Russia, paesi che considerano di fatto quello greco come uno dei campi di battaglia sul quale affrontarsi. Gli Stati Uniti sono motivati a sostenere la nuova compagine governativa sia per indurla ad un atteggiamento più benevolo verso il pessimo progetto di trattato transatlantico in discussione, che per evitare che essa indulga a legami troppo stretti con Mosca. Quest’ultima ha promesso, se richiesti, rilevanti aiuti finanziari, mentre presenta antichi legami di amicizia con il paese e cerca di promuovere dei suoi importanti interessi economici.
Comunque l’atteggiamento di tali potenze, con le pressioni che esse possono in vari modi esercitare, può aiutare il paese a trovare una via d’uscita.

Intanto la Cina, come al solito, sta in silenzio e non interviene nella disputa, attendendo di essere coinvolta nel gioco dal nuovo governo, che inevitabilmente avrà bisogno dei suoi soldi e delle sue iniziative. Il paese ha molti progetti in corso o da varare in un prossimo futuro, che potrebbero fare della Grecia un importante punto di raccordo logistico delle strategie di sviluppo mondiale del paese asiatico.

Bisogna, su di un altro piano, ricordare come i primi responsabili dei guai del paese sono state a suo tempo le stesse classi dirigenti greche, come anche una parte importante delle sue classi medie. I governi di destra e di sinistra hanno truccato i conti, ma i numeri sono stati ridotti in pessimo stato dalla vasta corruzione, dalla larghissima evasione fiscale, dal clientelismo diffuso, da una burocrazia inefficiente, ciò che rimanda di nuovo anche ai nostri problemi. Tra l’altro, la chiesa ortodossa e i ricchi armatori del paese non pagano le tasse, mentre ancora oggi i ricchi stanno portando i loro soldi all’estero. Ora lo scoppio dello scandalo della Hsbc ci mostra come la madre dell’ex primo ministro socialista, George Papandreu, avesse un enorme conto in Svizzera, ciò che ha anche permesso a suo tempo alla troika, al momento del varo del piano di intervento, di ricattare il governo.

La nuova compagine ministeriale ha promesso una lotta spietata ai mali che affliggono da lungo tempo il paese. Alla fine, così, l’esperimento greco riuscirà o fallirà non solo sul fronte europeo ma anche, se non soprattutto, su quello interno. Con l’Europa un’intesa, sia pure provvisoria, si può forse raggiungere in pochi giorni, mentre combattere l’evasione fiscale e la corruzione richiederà diversi anni di lavoro paziente e dagli esiti incerti.
Va sottolineato negli ultimi giorni il pessimo comportamento del governo italiano, tranne che per qualche sorriso di circostanza. Non a caso Varoufakis, piuttosto arrabbiato per la mancanza di sostegno, ha ricordato ai nostri reggitori che anche il debito italiano è insostenibile. In effetti, la vera minaccia che si aggira per i cieli di Europa da diversi anni sul fronte finanziario è la nostra. Padoan può ben essere obbligato a rispondere che il nostro debito è solido e sostenibile, ma il peso degli interessi sul nostro bilancio pubblico da una parte, le possibili difficoltà al rinnovo dei prestiti in scadenza dall’altra, lenite soltanto dagli interventi periodici della Bce, continuano a gravare fortemente sulle prospettive del nostro paese. Solo un’improbabile ritorno ad una crescita annua del pil di almeno il 2,0-2,5% e un altrettanto difficile ritorno del tasso di inflazione al 2,5%-3,0%, permetterebbero di respirare.

E’ anche vero, poi, che il caso greco mostra l’incapacità della Germania a farsi potenza egemone in Europa e a raccogliere il consenso necessario a governare adeguatamente il continente. Governare significa infatti anche farsi carico dei problemi dei governati, ma purtroppo la classe dirigente tedesca non era preparata al compito che si è assunta peraltro, riconosciamolo, senza veramente averlo cercato.

Da una parte i tedeschi, con a tratti delle argomentazioni che ricordano in qualche modo gli anatemi di Martin Lutero contro la corrotta chiesa di Roma, hanno fatto del moralismo grottesco, indicando la via dell’austerità quasi come una necessità espiatrice delle colpe passate; dall’altra essi hanno imposto un programma che ha portato ad un crollo del pil, ad un forte aumento della disoccupazione e, parallelamente, a nessun beneficio e a nessun risanamento.

Ora essi continuano a mostrare un atteggiamento rigido con i greci; speriamo si tratti solo di una mossa tattica. Ma in gioco è anche la credibilità di istituzioni quali il FondoMonetario, la Bce, la Commissione Europea, che si rifiutarono di intervenire in maniera adeguata quando nel 2010 si poteva salvare il paese con pochi spiccioli e si sono poi mossi nel 2012 dovendo mettere in campo somme molto più consistenti ed imponendo un programma devastante.

Nel 2010 e nel 2012 tali soggetti fecero degli errori colossali di previsione sull’andamento del paese; si è poi anche saputo, dagli stessi verbali del fondo monetario, che essi sono intervenuti nel modo che faceva più comodo alle banche francesi e tedesche.

Di questi errori e delle loro conseguenze nessuno viene ritenuto responsabile e nessuno paga. Il caso ellenico indica che sarebbe ora di trovare delle forme di responsabilizzazione e di accountability anche per tali organismi. Ma ora, comunque, resta molto poco tempo per trovare un compromesso adeguato.