Come con Santoro, come con Biagi. L’abbandono di Milena Gabanellli ha l’amaro sapore di un deja vu. Come con il conduttore scomodo, come con l’inventore del Fatto, l’allontanamento si consuma in una sordina di silenzi, di risposte non date o irricevibili.

Anche l’uscita di Santoro dalla Rai nel 1996, complice il primo governo di sinistra della storia repubblicana, si consumò con caratteristiche simili. Tenendo per mesi il giornalista a bagnomaria, per poi costringerlo a cercarsi un altro datore di lavoro.

Con Enzo Biagi accadde di peggio: una misera sceneggiata già scritta che l’ex socialista folgorato sulla via di Arcore, direttore generale Saccà, mise in piedi con cura per costringere Biagi a farsi da parte.

Anche la vicenda delle dimissioni della Gabanelli odora forte di censura.

Campo dall’Orto prima, ma soprattutto Orfeo dopo, non sono stati in grado di offrirle nulla se non una condirezione di Rainews o il ritorno a Report. Eppure in questo anno che è passato da quando Milena decise di lasciare, di cose in Rai ne sono accadute: cambi di direttori ai telegiornali così come alle reti, avvicendamenti di responsabili di settore. Mutamenti non sempre particolarmente chiari e specchiati nelle finalità e nei tempi in cui sono accaduti.

Possibile che una fuoriclasse dell’informazione come la Gabanelli non potesse andare a dirigere un qualsivoglia tiggì? Sarebbe stata una bella sfida per lei e per tutta l’azienda. Avrebbe certamente innovato e fornito una spinta in più all’informazione della Rai.

Una Rai autonoma e senza padroni l’avrebbe fatto. Così come quando nel 2000 ebbe la forza e il coraggio di mandare Gad Lerner alla direzione del Tg1: copyright (altra epoca) Celli e Zaccaria.

Con tutto il rispetto per i suoi colleghi che guidano le testate pubbliche, e che non ci sembrano tanto superiori per curriculum e capacità.

Possibile che non si potessero offrirle i 4 minuti di approfondimento dopo il tg che furono non diciamo di Biagi, ma anche di Pierluigi Battista, per non dire di Ferrara? Dopo i ponti d’oro a Vespa e a Fazio, tristemente accomunati dall’identico destino di rimaner sospesi nell’aureo comodo limbo dell’infointaiment, con la sua uscita dalla Rai (ma speriamo di sbagliarci) la Gabanelli diventa il ‘programma vivente’ di un tentativo, più o meno soft, di normalizzazione. Prima dell’imminente scontro elettorale.