Spinto, anzi tirato a intervenire sul nuovo caso che, partito da uno scontro nella procura di Milano, coinvolge il Consiglio superiore della magistratura, il presidente della Repubblica fa sapere che è inutile chiedere un suo pronunciamento. «Della vicenda – ricordano dal Quirinale – si stanno infatti occupando ben quattro procure. Ogni ulteriore intervento si configurerebbe come un’indebita interferenza nelle indagini in corso».

A maggior ragione adesso che si intravede uno scontro sulle competenze, dato che il sostituto procuratore di Milano Storari è indagato a Roma per aver consegnato al consigliere del Csm Davigo i verbali dell’avvocato Amara coperti dal segreto (quelli in cui parlava della associazione segreta “Ungheria”). Ma questa consegna risulta essere stata fatta a Milano, dunque la competenza è quella di Brescia e infatti anche lì è stata aperto un fascicolo. Le altre due procure al lavoro sono quella di Milano e quella di Perugia (che ha la competenza sui magistrati romani). E non basta, perché si attende l’avvio di un procedimento disciplinare per Storari su iniziativa del procuratore generale della Cassazione Salvi mentre un fascicolo potrebbe essere aperto da subito, per incompatibilità ambientale di Storari a Milano, anche al Csm.

La precisazione del Quirinale serve a far sapere che il silenzio di Mattarella non è certo distrazione, il presidente proprio oggi sarà ospite del Csm – era in calendario da tempo la proiezione del docufilm sul giudice Livatino di cui è imminente la beatificazione – e l’appuntamento provoca comprensibili imbarazzi. Mattarella non dirà una parola, ma condivide con la ministra della giustizia Cartabia – oggi ci sarà anche lei – il rispetto assoluto per le procedure previste in questi casi. Infatti Cartabia martedì ha parlato al telefono con il pg Salvi e ha deciso di evitare di sovrapporre una sua iniziativa disciplinare.

A leggerle con attenzione, però, dalle parole di Mattarella – il presidente che era stato assai netto quando mesi fa il Consiglio superiore si trovò nel mezzo della burrasca Palamara -, un’indicazione si può però ugualmente trarre. «Quanto al merito della questione che sta agitando la magistratura – dettano dal Quirinale – il Colle ribadisce quanto sia essenziale, per tutti, il rispetto assoluto delle regole». In questa vicenda è proprio il mancato rispetto delle regole che ha acceso più di un faro sul comportamento di Storari e Davigo. Il primo, convinto che il suo procuratore capo a Milano, Greco, non stesse dando il dovuto seguito alle dichiarazioni di Amara, avrebbe deciso di consegnare i verbali secretati a Davigo, e non si sarebbe rivolto come le regole prevedono in questi casi alla pg di Milano o, con plico raccomandato, ufficialmente al Consiglio di presidenza del Csm. Il secondo avrebbe fatto chiacchiera del contenuto di quei verbali – diversi consiglieri, oltre al vicepresidente Ermini e al pg Salvi hanno raccontato di aver saputo qualcosa ma in via non esaustiva e non ufficiale – e avrebbe deciso in seguito alla loro lettura di rompere i rapporti con i due colleghi del Csm ai quali era più vicino, Ardita e Di Matteo. Proprio Di Matteo, una volta uscita parte del contenuto di quei verbali (su Domani), ha raccontato nel plenum del Csm di aver ricevuto anche lui quei documenti considerandoli una manovra contro Ardita. Avrebbe per questo denunciato la fuga di notizie a Perugia ma non è chiaro quando e come. Davigo, che ha lasciato magistratura e Csm per raggiunti limiti di età a ottobre dell’anno scorso, subito prima che cominciasse la fuga di notizie a opera, è il sospetto, della sua ex segretaria, ieri è stato sentito per alcune ore dai pm di Roma.