Sarà l’Eliseo a dover chiarire in prima persona e tentare di spegnere l’incendio che divampa da mercoledì scorso sul caso di Alexandre Benalla, il guardiaspalle di Emanuelle Macron filmato mentre picchiava due manifestanti in place de la Contrescarpe verso le ore 20 del 1° maggio scorso. Ormai, ci sono tre inchieste in corso: giudiziaria (4 incriminati), di polizia e parlamentare. Le due vittime di Benalla si sono costituite parte civile. Ieri mattina, la commissione parlamentare dell’Assemblée nationale ha interrogato il ministro degli Interni, Gérard Collomb, e poi nel primo pomeriggio il prefetto di polizia, Michel Delpuech. In serata era atteso l’interrogatorio del direttore dell’ordine pubblico della Prefettura, Alain Gibelin. Ma dopo le dichiarazioni della giornata, si dovrà aspettare l’interrogatorio – di fronte alla commissione d’inchiesta del Senato, parallela a quella dell’Assemblée – del segretario generale dell’Eliseo, Alexis Kohler, giovedì. Dovrà anche essere sentito il capogabinetto, Patrick Stzoda, già interrogato dalla polizia come “testimone”. Collomb e Delpuech hanno scaricato la patata bollente sulla struttura organizzativa dell’Eliseo: entrambi si sono giustificati, affermando che, benché informati dei fatti (e del video) già il 2 maggio, non hanno ritenuto opportuno andare più a fondo, perché Benalla non era alle loro dirette dipendenze. L’Eliseo, del resto, era stato informato. Macron, all’inizio di maggio, era in Australia, in viaggio ufficiale. La France Insoumise e Benoît Hamon (ex candidato Ps alla presidenza) chiedono un’audizione di Macron: «Nulla impedisce di farlo nella nostra Costituzione» (alcuni costituzionalisti sono d’accordo), «ne va della salute della nostra democrazia». Macron, messo alle corde, ha annullato la presenza al Tour de France, prevista questo mercoledì.

Ieri, gli avvocati di Benalla, che è stato incriminato per violenze e usurpazione di funzione dopo essere stato licenziato, hanno diffuso un comunicato dove dichiarano che il loro cliente è “stupefatto” per le ricadute della vicenda che cerca di «nuocere al presidente della Repubblica». La République en Marche accusa l’opposizione si essere saltata sul caso con l’intenzione di fare ostruzione e bloccare la discussione in parlamento della riforma costituzionale (che prevede una riduzione del numero dei deputati, una limitazione del numero dei mandati, una dose di proporzionale alle legislative ecc.), a cui si oppongono. L’esame della riforma costituzionale è stato rimandato a settembre.

L’unica cosa certa è che c’è stato un “disfunzionamento”. Lo ha ammesso anche Macron, in una prima reazione alla riunione che si è tenuta domenica sera all’Eliseo, con la partecipazione di Gérard Collomb, del primo ministro Edouard Philippe, del portavoce Benjamin Grivaux e del ministro delle relazioni con il Parlamento, Castaner. Macron ha condannato un «comportamento scioccante» e promesso che «non ci sarà impunità per nessuno». Intanto, questa vicenda ha già mostrato alcune cose. C’è stato un deplorevole fatto di cronaca, la violenza contro i manifestanti, che è gonfiato fino a diventare un caso politico che l’opposizione chiama «affare di stato», perché il potere ha creduto di poterlo nascondere. Ci sono state protezioni non chiarite. Ma chi è risultato senza protezione è proprio Macron: il presidente appare solo, circondato da un circolo ristretto che ha dato segni di impreparazione. Benalla era onnipresente, anche in luoghi dove non avrebbe dovuto esserci. Ma ministri e prefetti sembrano averlo sopportato solo perché era “vicino” a Macron. Per il momento, non c’è nessuna prova che esista una “polizia parallela”, come ce ne sono state ai tempi di De Gaulle con il Sac – Servizio di azione civica – e di Mitterrand, con la cellula antiterrorista: in entrambi i casi l’esperimento era finito molto male (implicazione di uomini del Sac nel sequestro e scomparsa dell’oppositore marocchino Ben Barka, nell’82 ci sono i presunti terroristi irlandesi di Vincennes e le intercettazioni telefoniche illegali per nascondere l’esistenza della figlia segreta del presidente, Mazarine).