Due giorni per portare a termine una missione impossibile oppure per chiudere una volta per tutte il tormentone sull’ipotetico governo tra Movimento 5 Stelle e centrodestra. Elisabetta Casellati, presidente del Senato, ha ricevuto ieri mattina un incarico esplorativo limitato alla verifica di quell’opzione, con la consegna di riferire sugli esiti entro domani. E’ la stessa formula con la quale, nel 1987, era stato affidato il medesimo mandato alla sola donna incaricata prima di Elisabetta Casellati nella storia della Repubblica: Nilde Jotti, anche lei presidente del Senato, alla quale era stato chiesto di esplorare la fattibilità di un governo di sinistra alternativo al pentapartito.

LA PRESIDENTE DEL SENATO ha già incontrato ieri tutti i gruppi interessati ma Matteo Salvini, con sgarbo inusuale e inusitato, non si è presentato e ha delegato i soli capigruppo, centinaio e Giorgetti. Domani, dopo un secondo giro di incontri oggi, l’esploratrice dovrà dire a Sergio Mattarella se ha colto uno spiraglio sui tre nodi che rendono il governo 5S-destra impossibile: se Luigi Di Maio è sembrato disponibile a togliere il veto sulla presenza di Silvio Berlusconi e di Forza Italia, se il cavaliere ha accennato all’eventualità di farsi indietro, se il Carroccio ha segnalato una propensione a spaccare il centrodestra per governare con il solo M5S.

LE PROBABILITÀ CHE UNA di queste porte si riveli aperta sono pari a zero, e il presidente della repubblica ne era assolutamente consapevole al momento di conferire il mandato. Ha scelto di procedere comunque, nonostante la tentazione di accelerare, perché è convinto che sia necessario muovere un passo alla volta.

Il primo passo è fare piazza pulita del miraggio di una maggioranza Salvini-Di Maio, con o senza Berlusconi. Fino a che il Pd conserverà quella speranza, fino a che non si troverà a dover scegliere tra uscire dal surgelatore o affrontare elezioni molto simili al patibolo, non uscirà dall’immobilismo. Si dice Pd, s’intende Renzi. Franceschini dal congelatore è già uscito da un pezzo. I contatti con M5S sono frequenti, ci sarebbero stati anche incontri. Ma senza il semaforo verde di Renzi il sentiero è ostruito.

L’«OPERAZIONE CHIAREZZA» voluta da Mattarella procede secondo le previsioni. Di Maio non ha neppure atteso di incontrare la presidente per ripetere il suo: «Mai con Forza Italia». Il Carroccio ha ripetuto che non intende sganciarsi dalla coalizione di centrodestra. Berlusconi ha giurato che da parte sua non c’è nessun veto sui 5 Stelle: «Semmai il contrario». Ma la coalizione di centrodestra «non è artificiale»: tutti o nessuno. Di Maio e Salvini si sono prodotti ancora nella sceneggiata che va in scena ormai da settimane. Il primo con l’ennesimo ultimatum: «Per Salvini è l’ultima occasione e la risposta deve arrivare entro questa settimana». Il secondo con l’abituale: «Se Di Maio fa un passo di lato come ho fatto io il governo si fa in una settimana». Nulla di nuovo.

OGGI CI SARÀ UN SECONDO giro di incontri, e stavolta sarà presente anche Salvini. Salvo miracoli non porterà a nulla, anche se, trattandosi davvero dell’ultima occasione, non si può mai dire. Se non arriveranno clamorose sorprese Mattarella aspetterà i primi giorni della prossima settimana, poi metterà in campo un nuovo esploratore, quasi certamente il presidente della Camera Roberto Fico, stavolta impegnato a disboscare la strada che potrebbe portare a una maggioranza M5S-Pd-LeU.

SINORA A BLOCCARE quella via è stato il veto di Renzi. La settimana prossima la situazione molto probabilmente cambierà. E’ vero che l’ex segretario del Pd ha bocciato l’apertura del reggente Maurizio Martina, quell’offerta di dialogo su tre punti di programma rivolta evidentemente ai 5 Stelle martedì scorso, e la sua guardia parlamentare si è affrettato a mitragliarla. Ma in privato Matteo Renzi ha anche specificato che l’errore di Martina riguarda soprattutto la tempistica, non i contenuti. Il reggente, anche per non farsi tagliare fuori, si sarebbe cioè mosso troppo presto.
Renzi vuole gestire la partita in prima persona. Non ha nessuna intenzione di lasciare le redini nelle mani di Franceschini e Martina. E ha in mente condizioni precise, prima fra tutte la rinuncia di Di Maio e il veto per palazzo Chigi potrebbe estendersi all’intero Movimento 5 Stelle. Uno spiraglio c’è, però strettissimo.