«Non sussistono i presupposti giuridici per un intervento di tipo autoritativo», ragione per cui la presidente del senato e il presidente della camera si limitano a investire del problema i gruppi parlamentari – lo faranno oggi nelle rispettive conferenze dei capigruppo -, perché siano loro a trovare una soluzione politica concordata al caso della presidenza del Copasir. Elisabetta Casellati e Roberto Fico hanno risposto ieri sera al presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, il leghista Raffaele Volpi che così può mantenere la sua carica che pure spetta per legge all’opposizione, mentre da febbraio il partito di Salvini è al governo e in maggioranza. Respingendo la richiesta di Fratelli d’Italia, che come unico gruppo di opposizione rivendica la presidenza, Casellati e Fico hanno applicato il «precedente D’Alema, che nel 2011 tenne la carica malgrado il Pd fosse passato nella maggioranza del governo Monti.

Pur riconoscendo che «nel contesto attuale siano ravvisabili alcuni elementi di differenza rispetto al richiamato precedente del 2011», e cioè che allora si trattava di un governo tecnico, mentre adesso non si può negare che ci sia un solo gruppo politico che collocandosi all’opposizione non ha rappresentanti al governo, Casellati e Fico hanno deciso di comportarsi come nel 2011 fecero Schifani e Fini. Aggiungendo che «allo stato attuale il Comitato può operare nella pienezza delle sue funzioni». Anche se così non è da quasi quattro mesi. Da metà dicembre infatti il Copasir non si riunisce e il parlamento ha rinunciato alla sua funzione di controllo sui servizi segreti, da ultimo nel caso dello spionaggio russo e dell’indagine sull’ufficiale della marina italiana accusato di aver consegnato documenti classificati.

In una lettera di tre pagine diffusa ieri sera, Casellati e Fico intervengono su due problemi posti dalla legge istitutiva del Copasir del 2007 alla luce dell’attuale assetto parlamentare. Quella legge prevede che sia garantita la rappresentanza paritaria tra maggioranza e opposizione, mentre oggi ci sono nove commissari (5 deputati e 4 senatori) di maggioranza e solo un senatore di minoranza, l’ex ministro Adolfo Urso che è il candidato di Fd’I alla presidenza. Secondo Fico e Casellati, in attesa del «generale accordo politico», questo assetto può perdurare perché vale il principio costituzionale della proporzionalità. In altre parole, se si portassero al Copasir 5 commissari del partito di Meloni, il 50% del Comitato, Fd’I risulterebbe sovra rappresentato visto che sono iscritti ai suoi gruppi appena il 6% dei parlamentari. Il precedente D’Alema viene invece fatto valere per il nodo della presidenza, anche perché sono velocemente cadute le ricostruzioni in base alle quali nel 2011 l’opposizione non avrebbe richiesto – a differenza di oggi – il cambio al vertice. Invece all’epoca fu proprio la Lega (all’opposizione del governo Monti) che a parti rovesciate chiedeva a D’Alema di presentare le sue dimissioni. Allora l’ex presidente del Consiglio, come ha fatto anche Volpi nelle scorse settimane, si limitò a «mettere a disposizione» dei presidenti delle assemblee il suo incarico, alla fine mantenendolo.

Casellati e Fico hanno scelto di non prendersi la responsabilità di accogliere il gesto di Volpi, mossa che certamente avrebbe scontentato la Lega ma anche i 5 Stelle che spingono per la continuità. Invece Enrico Letta aveva riconosciuto le ragioni di Meloni, infatti la soluzione piace poco al Pd. «Se un diritto è garantito alle opposizioni, non può dipendere dai patti politici», dice il deputato dem Ceccanti. Ugualmente critico il giudizio del professore Salvatore Curreri, esperto di diritto parlamentare: «Questa soluzione tradisce la ratio della legge istitutiva del Copasir, secondo la quale l’organo deve funzionare su impulso dell’opposizione. Un presidente di maggioranza non può, a prescindere dalla sua imparzialità, svolgere pienamente la funzione di garanzia alla quale è chiamato». Furibondi i parlamentari di Fd’I che si dicono «scandalizzati» dalla mossa «pilatesca» dei presidenti delle due assemblee parlamentari. Che oggi rimetteranno formalmente la decisione ai capigruppo.