Il settore del mattone, si sa, arranca da almeno dieci anni perché la famelica speculazione ha costruito troppo. Da qualche anno, invece di riflettere su come avviare una vera politica di recupero delle periferie, è iniziata la gara a favorire nuove speculazioni immobiliari. Nella precedente legislatura a guida renziana, il Pd aveva approvato in uno dei due rami parlamentari la cosiddetta “legge sulla rigenerazione urbana” e solo il contrasto da parte del mondo ambientalista ne aveva impedito la definitiva approvazione.

Quella legge c’entra molto con la vicenda della tenuta della Cesarina, dove le banche subentrate al gruppo Ligresti dopo il fallimento, hanno avviato la procedura di rilascio delle abitazioni delle famiglie degli ex agricoltori che da molti decenni vivono lì. L’articolo 5 di quella legge consentiva di cambiare destinazione d’uso ai complessi agricoli. Invece di case e stalle si potevano realizzare cliniche e alberghi con generosi premi di cubatura. Invece dei borghi agricoli che punteggiano le meravigliose campagne italiane e rappresentano il presidio umano e produttivo, si sarebbero potuti realizzare tanti anonimi condomini e resort per clientela di lusso.

La legge nazionale non è stata approvata, ma la regione Lazio è venuta in soccorso. Nel 2017 sono state infatti approvate le “Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio” che sono in molte parti riprese letteralmente dalla proposta parlamentare. All’articolo 52 bis, ad esempio, si consente di realizzare al posto dei borghi agricoli: ricettività; attività ricreative, riabilitative e tanto altro. Queste destinazioni d’uso sono un regalo alla rendita speculativa perché i valori agricoli sono notoriamente i più bassi nella scala della ricchezza immobiliare. C’è dunque ancora la convinzione che l’aumento dei valori immobiliari sia di per sé un bene da perseguire ad ogni costo.

Un errore di prospettiva gravissimo perché soltanto una efficace politica di sostegno alle produzioni, alle trasformazioni di prodotto e alla commercializzazione liberata dai monopoli che impongono i prezzi, possono risolvere una crisi esistente in ogni area geografica e in ogni settore. Innalzare i valori immobiliari è invece il modo migliore per consentire l’ingresso di chi non ha interessi imprenditoriali ma cerca soltanto di lucrare una ingente rendita immobiliare.

L’errore di prospettiva è poi ancora più grave se si ragiona su chi siano gli attuali proprietari delle grandi aziende agricole a partire proprio dal caso della tenuta della Cesarina. Negli anni ’80 era stata acquistata dai Ligresti ed erano iniziate sin da subito le manovre per poter edificare. Esse furono sconfitte dalle regole urbanistiche e dalla partecipazione sociale. Da qualche anno, un pool di banche capeggiate da Unicredit, aveva acquistato il controllo della tenuta prestando denaro ai Ligresti e oggi deve rientrare ad ogni costo dal debito “valorizzando” le proprietà immobiliari.

La cultura politica del partito democratico a livello nazionale e nella regione Lazio di Zingaretti ha portato all’approvazione di leggi che fanno affermare la cultura della deroga a scapito di quelle regole che hanno fin qui impedito le speculazioni grazie alla partecipazione dei cittadini e alla definizione di un sistema di parchi. Il caso del tentativo di “valorizzazione” nella tenuta della Cesarina avviato con la cacciata dei loro storici abitanti ci dice che se vogliamo salvaguardare ciò che resta del paesaggio agricolo italiano si deve interrompere la prassi legislativa delle deroghe, tornare a regole certe e al sostegno degli usi agricoli.