La Digos di Roma ha notificato ieri il decreto di sequestro preventivo dell’immobile di via Napoleone III numero 8, ubicato nel quartiere romano dell’Esquilino, a 16 membri dell’organizzazione Casapound Italia (Cpi) che lo occupano. La misura è stata disposta dal Gip Zsuzsa Mendola su richiesta della procura. Tra i domiciliati risultano anche alcuni leader del movimento di estrema destra: Gianluca Iannone (fondatore e presidente dell’organizzazione) e i due fratelli Di Stefano, Simone (segretario nazionale di Cpi) e Davide (vicedirettore de il Primato Nazionale). Non è indagato invece Andrea Antonini, vicepresidente di Cpi, come erroneamente comunicato dalle agenzie stampa il 4 giugno scorso.

Per il Gip all’interno dell’occupazione non vivrebbero persone in emergenza abitativa: «la verifica della situazione economico-patrimoniale degli occupanti, effettuata dalla Guardia di finanza, attesta lo svolgimento di attività lavorativa e la percezione di redditi da parte degli stessi». In effetti, le indagini condotte dalle Fiamme gialle, che lo scorso anno consegnarono un’informativa alla Corte dei conti, rilevano come nel quartier generale dell’organizzazione dei «fascisti del terzo millennio» vivano diversi dipendenti pubblici – del ministero dell’Economia e delle Finanze, del Comune di Roma, della municipalizzata capitolina Zetema e della società di trasporti della Regione Lazio Cotral. Il Gip ha scritto che: «non risultano evidenze di situazioni contingenti che possono integrare un attuale pericolo di un danno grave alla persona».

Notificato il sequestro, lo sgombero giudiziario diventa esecutivo ma deve comunque passare per la prefettura e il comitato tecnico per l’ordine e la sicurezza, cui partecipa anche il comune. La sindaca di Roma Virginia Raggi ha twittato: «Su Casapound Matteo Salvini si sbaglia. Per noi è una priorità. Ci auguriamo che il ministero dell’Economia e Finanze ci segua in questa battaglia». Sullo sfondo della vicenda rimane quindi la contesa tra M5S, che governa la città, e Pd, che ha un suo esponente al dicastero proprietario del palazzo. Il significato politico dello sgombero avrebbe importanti effetti sulla corsa al Campidoglio, verso l’elezione della prossima giunta capitolina prevista per il 2021. Già con l’annuncio dell’inchiesta, avvenuto la settimana scorsa, si era prodotto un duro scontro tra i due partiti per attribuirne i «meriti».

Il Gip Mendola non ha invece accolto le richieste della procura riguardanti il reato più grave ipotizzato durante le indagini, cioè l’accusa di «associazione per delinquere finalizzata all’odio razziale». Le condotte dei soggetti sarebbero sì riprovevoli, ma mancherebbero gli elementi probatori necessari a dimostrare la sussistenza dell’associazione e dell’incitamento all’odio.