Neanche un mese fa, all’edizione milanese del Villaggio Rousseau, Davide Casaleggio apriva le porte dei suoi uffici, mostrava i gagliardetti pentastellati e tirava fuori l’argenteria di casa per dimostrare che le origini del Movimento 5 Stelle stavano in quei cassetti e si affacciavano da quelle bacheche. C’era anche la sindaca di Roma Virginia Raggi, impegnata a garantirsi la ricandidatura, e c’erano alcuni dei big. Ma adesso, dopo il voto sulla piattaforma telematica grillina che ha innescato la nuova fase del M5S, il cielo sul figlio del co-fondatore non pare affatto sereno.

Si è parlato addirittura di una legge votata anche dai parlamentari grillini che miri a sottrarre a Casaleggio Jr. il database degli iscritti al M5S. Il possesso di quei dati deriva da uno dei (pochi) punti fermi dettati da Gianroberto Casaleggio. Per spiegarlo usava una delle sue metafore da pianificatore aziendale: in un formicaio ogni formica sa cosa deve fare ma non ha idea di come funzioni l’intero sistema, solo chi conosce quel meccanismo detiene il comando sull’organizzazione. Per questo motivo Gianroberto prima e Davide Casaleggio poi considerano preziosa la lista degli iscritti. E per lo stesso motivo non volevano sentir parlare di assemblee nazionali, infrastrutture organizzative, sedi territoriali.

Lo ha raccontato il senatore Emanuele Dessì nei giorni scorsi: dovendo organizzare la propria campagna elettorale nel suo collegio dei Castelli romani chiese a Davide Casaleggio di conoscere i nomi degli iscritti di quella zona. Casaleggio rispose che avrebbe provveduto a scrivere loro, ma non a concedergli quell’elenco. Quanto alla temuta «assemblea nazionale», di fatto in questi anni si è andata confusamente componendo nelle riunioni congiunte dei gruppi parlamentari. Dunque, la polarizzazione attorno al M5S del futuro si è costituita, anche nelle ore a cavallo della consultazione della scorsa settimana su doppio mandato ed alleanze, sui due poli: Rousseau contro Stati generali.

Tuttavia, appare sempre più chiaro che non sarà un’azione unica risolutrice, un paletto di frassino conficcato nel sistema operativo dei 5 Stelle, ad abbattere il potere di Casaleggio. L’attacco viene da diversi fronti. «C’è il tema della privacy – riflette un grillino dal fronte parlamentare – Ma c’è la legge Boccia sul conflitto di interessi digitale». E ci sono le iniziative come quella promossa da «Parole Guerriere», ciclo di seminari che fa capo alla deputata Dalila Nesci ma che raccoglie la simpatia di diversi eletti anche di primo piano, e che propone che il M5S diventi un normale organismo iscritto nel registro dei partiti politici, con tanto di organi direttivi eletti e tesorieri che non prevedano l’emolumento di 300 euro al mese a parlamentare all’associazione Rousseau.

Si auspica l’«evoluzione» del M5S dalla formula «inadeguata» della sua «struttura movimentista, liquida ma allo stesso tempo fortemente verticistica». Il documento considera «auspicabile» che anche la piattaforma venga donata all’organizzazione politica. Casaleggio è avvertito.