È davvero difficile pensare che Davide Casaleggio ieri pomeriggio abbia varcato la soglia di Palazzo Chigi semplicemente per fare quello che detto: esporre al presidente del consiglio Giuseppe Conte le linee fondamentali del piano per il futuro del paese elaborato dall’associazione che porta il nome di suo padre Gianroberto. Troppe questioni sono in ballo, su troppe cose il M5S è ad un bivio e la situazione è troppo delicata per consentire al figlio del co-fondatore di concentrarsi sulle elucubrazioni futurologiche.

Soltanto la sera prima, mentre in consiglio dei ministri si battaglia sul decreto semplificazioni, Davide si trova a cena a Testaccio con gli altri due soci dell’altra associazione, quella che gestisce la piattaforma Rousseau, Pietro Dettori ed Enrica Sabatini. Assieme a loro c’è Alessandro Di Battista, che vorrebbe riportare il Movimento 5 Stelle indietro nel tempo, quando (tanto per dirne una) non si facevano alleanze elettorali.

Così, mentre Casaleggio Jr. ascolta le preoccupazioni di Di Battista davanti a una pizza, dentro l’esecutivo si gioca la paradossale partita delle «semplificazioni», ennesimo ribaltamento programmatico di questa legislatura, coi ministri 5 Stelle che premono con i renziani per allentare i controlli su appalti e affidamenti diretti e per «sbloccare» le grandi opere. Al punto che dal Piemonte, la consigliera regionale grillina Francesca Frediani è costretta a ricordare che la Tav non è una priorità, mentre Conte annuncia ai giornalisti il via libera alla Gronda, la grande opera attorno al quale, solo per dirne una, di fatto anni fa si era costituito il cuore degli attivisti del M5S ligure.

«Continuo a sperare che possa esserci un confronto, anche considerando l’opposizione dei sindaci il parere della corte dei conti europea», è l’allarme che Frediani cerca di confezionare con un velo sottilissimo di diplomazia.

Sono questioni di identità, faccende non da poco. Per Conte non sono preoccupazioni prioritarie. Si sente forte dell’appoggio più volte ribadito di Beppe Grillo e ritene di potersi permettere di agire con disinvoltura e con il giusto margine di discrezionalità. Poco prima di vedere Casaleggio, ad esempio, illustrando il testo approvato «salvo intese, annuncia che avrebbe incontrato Casaleggio, «tempo permettendo». Però bacchetta i giornalisti, precisando che sulle alleanze per le regionali di settembre hanno forzato le sue parole, anche se è costretto a ribadire che l’accordo per il governo nazionale dovrebbe avere ricadute quasi automatiche nelle elezioni amministrative.

Questo è il clima in questo momento infuocato si tiene il colloquio. Casaleggio prova ad assumere il ruolo del custode della matrice originaria del grillismo. Anche perché Conte sa benissimo che buona parte dei parlamentari pentastellati poco sopporta le incursioni da Milano del suo interlocutore («A che titolo tiene questi vertici?», è la domanda che pone polemicamente più di un eletto), la scatola ormai palesemente vuota della piattaforma Rousseau e gli emolumento mensili che sono costretti a sganciare e che in tanti hanno smesso di sottoscrivere.

Per quest’oggi, l’agenda romana di Casaleggio segna l’incontro con Luigi Di Maio. Servirà ancora una volta a capire che margini ci sono nel dibattito interno grillino e fino a che punto il cuore romano, e governista, del Movimento 5 stelle coincide e si sovrappone alla figura del presidente del consiglio.