Adesso c’è anche la luce nell’appartamento al secondo piano del palazzone di edilizia popolare di via Satta, a Casal Bruciato. Nelle prossime ore, la catena di solidarietà che si è stretta attorno agli Omerovic garantirà l’arrivo di mobili e suppellettili per cominciare a rendere vivibile la casa che qualcuno voleva negare alla famiglia dopo anni di vita nelle baraccopoli. Ieri, a conferma di un clima che resta di gelida attesa ma che conosce momenti di distensione, una vicina di casa ha bussato alla porta di Imer e Sedana per regalare loro una torta di benvenuto.

Nel frattempo la prima informativa della Digos di Roma sul tentato assedio da parte dei militanti di CasaPound alla famiglia assegnataria è arrivata ai magistrati. Il procuratore aggiunto Francesco Caporale e il sostituto Eugenio Albamonte hanno compiuto quello che si suole definire un atto dovuto e hanno aperto un fascicolo. La targhetta apposta sul faldone getta una ombra ulteriore su CasaPound, che ai suoi albori aveva cercato in tutti i modi di discostarsi dagli stereotipi dell’estrema destra, e confermerebbe anche per via giudiziaria la vera natura della formazione neofascista. Gli inquirenti ipotizzano il reato previsto dall’articolo 604 bis del codice penale: «Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale». Al momento il fascicolo è aperto contro ignoti. Da piazzale Clodio proseguiranno nell’analisi dei video girati nei giorni scorsi davanti al palazzo di via Satta per identificare i protagonisti dell’assalto alla famiglia rom.

Nelle carte in mano ai magistrati, si ricostruiscono le varie fasi delle giornate che da lunedì scorso sono culminate nelle manifestazioni contrapposte di giovedì. Il procedimento si affianca a quello aperto alcune settimane fa, gestito dallo stesso magistrato e relativo alle proteste xenofobe avvenuti a Torre Maura, quando l’oggetto della protesta fu un centro d’accoglienza. La procura anche in questo caso contesta l’istigazione all’odio razziale oltre ai reati di danneggiamento e minacce.

Sono notizie che si accavallano alle numerose critiche sulla gestione dell’ordine pubblico a Casal Bruciato e nelle settimane scorse, in occasione dei blitz xenofobi di CasaPound. Dopo l’esposto annunciato da associazioni e movimento che nei giorni scorsi hanno contesto la piazza del quartiere Tiburtino ai neofascisti, ieri è arrivato anche quello di Associazione 21 Luglio e Radicali italiani. «Tutto nasce dalla tolleranza della Polizia che consente a Casapound di avere tempo e modo di accendere l’incendio nella periferia – denuncia Carlo Stasolla della 21 Luglio – Non siamo di fronte a una guerra fra poveri. Abbiamo aiutato decine di famiglie che sono entrate in case popolari e non è mai successo nulla. Ero a Torre Maura e a Casal Bruciato sin dall’inizio: quando arriva una famiglia rom qualcuno avvisa CasaPound e loro vanno lì. La polizia tollera che si radunino, mettano un gazebo, distribuiscano volantini e col megafono lancino improperi e minacce. Non sono i cittadini della periferia a chiamare Casapound, sono loro che accendono gli animi dei cittadini».

Dopo anni di stati d’emergenza, fondi mal spesi quando non sottratti e costruzioni di ghetti etnici ai margini della metropoli, la posta in palio di questa vicenda riguarda l’unica concreta possibilità di chiudere i campi rom e garantire il diritto alla casa di chi vive in case di lamiera e alloggi di fortuna. Dagli uffici del comune di Roma e dal Movimento 5 Stelle, in testa Luigi Di Maio, arrivano però messaggi ambivalenti. Da una parte si promette che tutto si farà per tutelare i rom legittimi assegnatari di case popolari.

Dall’altra c’è la tentazione di modificare i regolamenti che disciplinano l’accesso all’edilizia pubblica. Le variabili oggetto di verifica sono due e spesso fotografano la condizione di chi proviene dalle baraccopoli: il numero dei componenti del nucleo familiare e i punti extra che vengono assegnati a chi proviene da abitazioni considerate inadeguate.