La revoca della convenzione, annunciata il 25 luglio, tra la Casa internazionale delle donne e il Comune, ha suscitato come era prevedibile non poche polemiche oltre a una serie di legittime perplessità sui tempi, i modi e anche l’opportunità di una strada simile (mai intrapresa dalle giunte precedenti, neppure di destra). Risulta dunque questa decisione del Campidoglio una infelice eccezione, che va in un senso preciso: quello della chiusura di spazi vitali per la città.

Ciò che sorprende di più è tuttavia l’unilateralità preferita dalla giunta Raggi, dalla sindaca sicuramente, così come dalle assessore Baldassarre, Castiglione e Marzano, nonché da Gemma Guerrini che, intorno alla mozione per la rimodulazione del progetto di via della Lungara, ha avuto da subito il pieno sostegno di tutto il m5s. Nessuna intenzione di trovare un accordo, così è l’impressione generale. A niente sono servite la memoria presentata (e respinta completamente), le pezze delle spese sostenute. Insomma che si sia trattato, fin dall’inizio, di una iniziativa che non prevedesse confronto con il direttivo della Casa ma che calcasse una direzione già stabilita. Quella di sottrarre il Buon Pastore alle donne che lo hanno curato e significato per decenni. E che lo hanno fatto grande. Per poi appropriarsene e farne un bel centro di coordinamento di servizi da mettere a bando che sortirebbe come unico effetto quello di svuotare l’esperienza politica della Casa per diminuirla a ruolo puramente ancillare, di mero contributo tra altri vari ed eventuali. Che questa giunta non riconosca ciò che è la politica delle donne e il portato dell’esperienza femminista lo mostrano altri inconfutabili segni, come per esempio l’assurda chiusura – minacciata da tempo, purtroppo – del centro antiviolenza di Tor Bella Monaca. Sono danni, difficilmente calcolabili di cui sembra che né le assessore né le rappresentanti 5stelle vogliano occuparsi, tutte prese invece da un legalitarismo amministrativo di sorprendente inutilità.

In una nota diffusa nelle scorse ore, il Campidoglio fa sapere che «l’obiettivo è configurare un polo multifunzionale a beneficio di tutte le donne»; il che ha tutta l’aria di un progetto manageriale non bene identificato di cui le entità protagoniste dovrebbero essere «le donne»; che siano le stesse che non si è avuta la forza né l’autorevolezza di ascoltare? Di queste contraddizioni, si sono accorti e accorte da più parti. «La Casa – annunciano i consiglieri regionali del Pd – rappresenta un luogo di incontro unico al mondo. Grave è il fatto che stiano cercando di far passare questa revoca alla vigilia di agosto, dopo mesi di silenzi e rinvii, tentando di limitare l’accesso alle vertenze per chi intende opporsi a questo attacco alle donne».

Rincara la dose Eleonora Mattia, presidente della commissione pari opportunità, che specifica quanto «dobbiamo attivarci immediatamente, in termini non solo popolari ma anche istituzionali, per fermare una volta per tutte questo assurdo proposito». Reazione stupefatta proviene dal coordinamento Donne della Cisl di Roma Capitale e Rieti e della Cisl del Lazio: «Stupisce che proprio una amministrazione guidata da una Sindaca donna non abbia la sensibilità di operarsi per una moltiplicazione di questa esperienza meritoria su tutto il territorio e dimostri invece tutto il suo potere esibendosi in un mero calcolo di dare/avere». Anche da parte delle consigliere del Municipio III così come del Primo Municipio la posizione è di netto rifiuto riguardo una possibile chiusura. «Il razzismo e il fascismo avanzano – segnala l’associazione A sud – in una città in cui si spara alle bambine per diletto e si organizzano pogrom nei e dai quartieri popolari: il modello di città della giunta Raggi ci pare chiaro, cristallino, e lo bocciamo su tutta la linea, accodandoci alla richiesta del direttivo della Casa Internazionale delle Donne di continuare a sostenere la campagna di solidarietà e mobilitazione, per opporre un modello altro di fare la città».