In troppi, e anche in troppe, nella mattinata di ieri avevano esultato anzitempo per il «salvataggio» della Casa delle donne, la storica istituzione romana messa a rischio di sopravvivenza da un contenzioso sull’affitto con il Comune di Roma capitale. Sicuramente era di troppo l’allegria della sindaca Virginia Raggi che, con ammirevole faccia di bronzo, esultava via social per un emendamento di Italia viva che prevedeva un contributo di 900mila euro l’anno per tenere in vita un luogo in cui si offrono decine di servizi per le donne romane. Il tweet di Raggi non ha neanche portato bene. Nel corso dell’esame dei testi le commissioni Affari costituzionali e Bilancio di Montecitorio hanno dichiarato inammissibile l’emendamento, che era firmato dai relatori dello stesso Milleproroghe, e quindi sembrava a prova di bomba. Stavolta è la segretaria di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni a esultare: «Grazie a FdI è stata bloccata l’ultima oscenità del Pd: dare quasi un milione di euro del ministero guidato da Gualtieri alla Casa delle donne, associazione di sinistra che si trova nello stesso collegio nel quale il ministro è candidato (alle elezioni suppletive del primo marzo, ndr). Non si usano le istituzioni per comprare consenso». Risposta dura dall’ex Buon Pastore: «La Casa internazionale delle donne è autonoma e libera. Meloni sta alla storia del movimento delle donne come la carbonara con la panna. Scandalosa».

Contro il rigetto dell’emendamento è stato presentato un ricorso dal Pd e Iv. L’ex presidente della camera Laura Boldrini fa appello al suo successore Roberto Fico per la riammissione. Ma niente da fare, la decisione resta la stessa. Polemica Iv contro la non ammissione da parte di un presidente grillino: «Decisione tutta politica», dice Marco Di Maio, «si tratta di un’istituzione che aiuta le vittime di violenza».

Buone notizie invece per il centro Lucha y siesta, altro luogo autogestito di aiuto alle donne nella Capitale. La Regione Lazio ha annunciato la partecipazione all’asta che ne stava decretando la chiusura.