Ieri mattina, nei locali di via della Lungara, si è svolta la conferenza stampa convocata dal direttivo della Casa internazionale delle Donne di Roma in cui è stato illustrato il ricorso al Tar notificato il 29 ottobre a Virginia Raggi contro la revoca della concessione a favore del Consorzio. Questo ulteriore chiarimento sulla posizione, non solo politica bensì anche amministrativa, della Casa è tesa a ribadire ancora una volta che vi è è sempre stato l’intendimento di giungere a una transazione sul contenzioso; infine che le argomentazioni recentemente esplicitate da Virginia Raggi non corrispondono alla realtà.
Alle accuse immotivate mosse dalla sindaca (che ha ricevuto la notifica di ricorso a lei rivolta) durante l’intervista di Maria Latella per SkyTg24, risponde punto per punto Giuliana Aliberti, avvocata che segue la vicenda della Casa e che ha scritto il testo del ricorso.«Innanzitutto l’immobile assegnato alla Casa internazionale delle Donne fa parte del cosiddetto patrimonio indisponibile ovvero questo tipo di immobili hanno una particolarità, sono stati destinati a uso di pubblica utilità a soggetti no profit; tale è la Casa delle donne che è una associazione che non persegue alcun fine di lucro.
Diversamente – prosegue Aliberti – sono gli immobili del patrimonio disponibile del Comune che è gestibile secondo le regole del libero mercato immobiliare, e che serve anzi dovrebbe servire ai Comuni per fare cassa e risanare i bilanci (anche se così non è stato per alcuni immobili a Roma: vedi Mafia Capitale). Non si può pensare di risanare il bilancio capitolino rivalendosi sugli spazi autogestiti, sull’associazionismo cioè su quegli immobili che rispondono a interessi collettivi, finalità sociali e non possono essere usati alla stregua di locali da affittare».

Il canone che viene pagato dalla Casa delle donne si è trasformato negli anni…
Dopo lo sgombero da via del Governo Vecchio, con l’assegnazione del Buon Pastore, il canone era «politico» e ammontava a 100 mila lire annue, successivamemte il canone è «lievitato» a seguito delle varie amministrazioni che si sono succedute. La Casa delle donne paga un canone, paga il canone che può pagare e continua a pagare un debito pregresso. Non c’è nessuna pretesa, nessun privilegio.

Il ricorso con cui avete dovuto rispondere, dopo la revoca della concessione, non ha interrotto le trattative. In buona sostanza che il ricorso sarebbe arrivato era intuibile anche dal Comune. Cosa avete chiesto?
Chiediamo che venga riconosciuto politicamente e giuridicamente il valore economico dei numerosi servizi sociali offerti alle donne e alla collettività. Servizi non altrimenti svolti dalla amministrazione comunale. E inoltre il riconoscimento delle spese, ordinarie e straordinarie, che gravano sulla Casa delle Donne mantenuta con continuità, attenzione e cura.

Cosa risponde a chi dice che non avete mai avviato una transazione?
Nessuno ha detto che non vogliamo avviare una transazione, anzi è estattamente il contrario e ci sono gli atti e le numerose interlocuzioni che lo dimostrano. L’ultima richiesta di un incontro è stata inviata nemmeno una settimana fa. Ecco perché restiamo piuttosto perplesse dalle dichiarazioni di Virginia Raggi.

Ritiene ci sia stato un cortocircuito comunicativo?
Secondo il mio parere c’è stato un difetto di istruttoria che ritengo che possa e potrà sicuramente essere chiarito dia innanzi al tribunale amministrativo che nella auspicata trattativa.

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PARTITA LA RACCOLTA FONDI:

Durante la conferenza stampa di ieri mattina, il direttivo della Casa internazionale delle Donne di Roma, ha avviato una campagna di mobilitazione e di raccolta fondi per sostenere le attività e «superare il momento critico della trattativa con il Comune di Roma». In un breve e incisivo comunicato, la Casa lancia una serie di slogan efficaci e ironici come «Le donne a Casa», «Aiutiamole a casa loro» e «Vogliono una Casa chiusa». Tre messaggi chiari che giocano sulla narrazione distorta che spesso viene a rappresentarsi nella scena pubblica ma che, se letti con attenzione, custodiscono dei punti politici importanti e tutti tesi al ribadire la libertà femminile che in questi anni è stata vissuta alla Casa. Nel sito apposito www.lacasasiamotutte.it è partita la raccolta fondi, donazione libera tramite paypal.