Erano 50mila le firme che ieri le componenti del direttivo insieme alle sostenitrici della Casa internazionale delle donne di Roma avrebbero dovuto consegnare durante la seduta del Consiglio Comunale. Non lo hanno però potuto fare a causa di un clima diffuso di diffidenza che non si dirada, nemmeno dopo la pesante relazione di Gemma Guerrini (presidente della Commissione delle Elette) che raccontava nei giorni scorsi il «progetto» di via della Lungara come un fallimento. Per scongiurare l’ipotesi di sfratto, oltre che per chiedere delle spiegazioni all’atteggiamento di chiusura dell’amministrazione dopo le trattative cominciate 7 mesi fa e poi interrotte senza un motivo, in molte ieri alle 13 si sono recate in Campidoglio, ricevendo però un pessimo trattamento: perquisite le borse, sequestrate le sciarpe e requisiti i fogli della petizione. Un atto grave e irragionevole ai danni di chi era lì per chiedere conto della sciatteria comunicativa con cui ha avuto a che fare grazie al continuo rimandare, scomparire e poi ricomparire del tavolo tecnico, avviato tempo fa con i migliori auspici e saltato senza ulteriori parole.

«Oggi siamo andate in Consiglio Comunale per rompere il silenzio assordante con cui il Comune di Roma circonda da mesi la Casa Internazionale delle Donne sulla quale continua a pendere la minaccia dello sfratto». Comincia così il report che nella serata di ieri è stato diffuso dal direttivo delle donne di via della Lungara. Sono poche righe, e molto amare perché consapevoli della completa noncuranza politica della vicenda da parte dell’amministrazione.
Arrivate ieri alle 13 per partecipare alla seduta, annunciandolo tramite i social e dunque forti della presenza di altre compagne e amiche (che poi sono quelle che in questi mesi non hanno smesso di stare accanto alla Casa), quando il deposito delle firme non è stato possibile, hanno pensato comunque di restare lì.
«Il Comune – continuano nel comunicato – non si decide a riconoscere, con gli atti necessari, il valore politico sociale e culturale della Casa Internazionale delle Donne e di tutte le altre realtà romane. Ci siamo trovate di fronte a un clima di diffidenza e di ostilità». Ma non è finita qui, perché la perquisizione è stata «annunciata» dalla difficoltà nel farle entrare. Le sciarpe portavano la scritta Giù le mani dalle donne. Nonostante l’impossibilità al deposito delle firme, che se non fosse così grave avrebbe almeno dell’insensato visto che si sbraita spesso ai «cittadini» e quando si è appunto in presenza di migliaia di cittadini e cittadine che vogliono affermare la libertà di esprimersi si chiude loro la porta in faccia. «Non ci siamo arrese – proseguono-. Abbiamo costretto il Presidente del Consiglio Comunale ad ascoltarci interrompendo la seduta. Abbiamo chiesto risposte e ci hanno assicurato che ci verranno date a breve. Noi rimaniamo in mobilitazione. Restiamo unite». E insieme a loro in tante e tanti a stringersi, perché la Casa non si tocca.