Accertamenti sull’operato della procura di Trapani. E’ quanto avrebbe disposto, secondo fonti di via Arenula, la ministra della Giustizia Marta Cartabia dopo che è stato reso noto che nell’inchiesta della procura siciliana contro le ong che ha portato al sequestro della nave Jugen Rettet e alla richiesta di rinvio a giudizio per 24 persone, sarebbero stati intercettati anche alcuni giornalisti. Vicenda per la quale ieri una ventina di deputati del Pd hanno presentato un’interrogazione parlamentare chiedendo a Cartabia di inviare ispettori ministeriali a Trapani «per verificare – è scritto – lo scrupoloso rispetto di importanti principi costituzionali».

«Il retrogusto amaro di tutta questa faccenda è avere la conferma che chi doveva proteggermi invece mi intercettava. La mia vita era in pericolo e loro lo sapevano», ha commentato ieri, non senza amarezza, Nancy Porsia. Il nome della giornalista, che da anni si occupa di Libia e realizza inchieste sui trafficanti di uomini, appare nelle oltre 30 mila pagine dell’inchiesta, come rivelato da un articolo di Domani, insieme a quelli di Nello Scavo, Francesca Mannocchi, Antonio Massari, Sergio Scandurra Fausto Biloslavo, Claudio Di pasquale. Tra le intercettazioni, figurano anche alcune conversazioni avute da Porsia con il suo avvocato, Alessandra Ballerini, che assiste anche la famiglia di Giulio Regeni. «Perché trascrivere quelle conversazioni?», si è chiesta ieri la giornalista.

Nei giorni scorsi il procuratore reggente di Trapani, Maurizio Agnello ha dichiarato che le intercettazioni dei giornalisti non fanno parte dell’informativa con la quale verrà richiesto il processo per i 24 indagati, tra quali ci sono anche alcuni esponenti delle ong Medici senza frontiere e Save the Children. Ieri ha aggiunto che Porsia, ascoltata nel 2017 dagli inquirenti, avrebbe dato un «grande contributo» alle indagini. «E ci credo», ha commentato la giornalista. «Io raccontavo la Libia in maniera inedita non in termini di spettacolarizzazione ma spiegando dall’interno le dinamiche del Paese. Sono stata intercettata per sei mesi in una inchiesta sulle ong, quando io sulle ong ho fatto poco o niente. Diciamolo chiaramente – prosegue Porsia – mi hanno intercettata con una scusa. La richiesta per intercettarmi non è partita dalla procura di Trapani ma dalla polizia giudiziaria. E la procura lo ha consentito. Volevano sapere cosa avessi in mano con la scusa delle indagini. Io sono stata intercettata dal ministero dell’Interno non da indiziata o indagata, ma da libera cittadina».

Sulla vicenda ieri è intervenuta anche la Camera penale di Trapani chiedendo «chiarimenti»: «Occorre comprendere chi (e per quale motivo) – è scritto in una nota – abbia palesemente violato la chiara regola del codice di procedura penale intercettando – sia pure indirettamente – la conversazione di un difensore nell’esercizio delle proprie funzioni difensive». Di «sfrego del segreto professionale» ha parlato invece l’Ordine nazionale dei giornalisti che si è appellato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e alla ministra Cartabia.

«Bene che la ministra Cartabia abbia disposto accertamenti su quanto accaduto nella ossessiva campagna contro le Ong e sugli illeciti commessi nei confronti di giornalisti ed avvocati. Ora aspettiamo i risultasti in parlamento», ha detto il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni. Solidarietà ai giornalisti intercettati è stata espressa dal presidente della commissione Giustizia della Camera, Mario Perantoni (M5S), mentre il dem Matteo Orfini chiede al Pd un cambio di rotta rispetto alla Libia: «A breve il Parlamento sarà chiamato a confermare per l’ennesima volta i finanziamenti alla guardia costiera libica. E ancora una volta ci diranno che va assolutamente fatto perché è il modo di garantire il rispetto dei diritti umani, Era una sciocchezza negli anni passati, lo è anche oggi» scrive Orfini su Facebook. «Il modo migliore per dimostrare che davvero vogliamo cambiare le cose, è farlo davvero».