Primo atto dell’Expo, prima contestazione. Ieri mattina, alcuni studenti dell’università Statale hanno esposto due striscioni contro «la casta» che all’interno dell’ateneo stava presentando la «Carta di Milano», un documento che ha l’ambizione di diventare la «vera eredità dell’Expo».

Con lo scopo di «combattere la denutrizione e la malnutrizione, promuovere un equo accesso alle risorse naturali, garantire una gestione sostenibile dei processi produttivi» la Carta è stata redatta sulla base del Protocollo Milano, messo a punto nel 2012 dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition. Per il ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, che l’ha presentata, si tratta di uno «strumento politico e diplomatico straordinario»: tradotto in 19 lingue potrà essere letta e sottoscritta «potenzialmente da 3 miliardi e mezzo di persone» – cittadini, associazioni, imprese, istituzioni locali, nazionali e internazionali – per essere infine consegnata al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon il 14 ottobre 2015, a conclusione dell’esposizione universale.

Per gli studenti che hanno protestato, invece, si tratta solo di una carta di intenti, perché la vera «eredità di Expo» sarebbe, come hanno scritto su uno dei due striscioni, fatta solo di «cemento, speculazioni, mafia e sfruttamento».

La Carta di Milano è un lungo elenco dei diritti dell’uomo riguardo al cibo, affiancata ad un altrettanto lungo elenco di impegni che i sottoscrittori, ciascuno nel proprio ruolo, dovrebbero prendere per contribuire alla tutela delle risorse e del patrimonio naturale, e per sconfiggere la malnutrizione. Ma al premier Renzi ieri è stata inviata una lettera, che tra i primi firmatari annovera il presidente della commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci, per chiedere che nella Carta venga inserita anche la tutela del suolo e un invito all’Italia ad attivarsi in Europa per arrivare a una direttiva capace di contrastare il consumo di territorio.