LA PARTE MANCANTE

Italia, 2019, 3’43”

musica: Francesco Di Giacomo

regia: Fabio M. Iaquone

giudizio: cult

E’ sempre difficile confezionare un clip su un autore che non c’è più, perché si rischia di scadere nella retorica commemorativa, ma in questo caso, potendo contare su sequenze girate prima della scomparsa di Francesco Di Giacomo, Iaquone riesce nell’intento, restituendo intatta l’immagine del musicista romano in tutta la sua potenza e intensità, come se fosse vivo, ancora tra noi, dando corpo (anzi, restituendo un corpo) alla sua straordinaria voce, seppure smaterializzandolo in una texture pittorica e pulsante. Gli ingredienti sono: l’instabilità cromatica, la grafica sfumata, le fugaci dissolvenze che si susseguono, ma anche la scelta di non infarcire il video con immagini esterne, che pure avrebbero potuto meglio visualizzare il testo della canzone banalizzandolo. La parte mancante, così, non è un puro video di playback, ma acquista una sua forza narrativa ed evocativa.

MOJO

Francia, 2018, 4’28”

musica: Claire Laffut

regia: The Bardos

giudizio: magico

La macchina da presa carrella in avanti fino ad entrare in un salone dove un vecchio giradischi entra in funzione. Da questo momento Mojo visualizza le fantasie della cantante francese divisa tra due presenze (un uomo rosso e un uomo verde) che l’accompagnano in una serie di rituali coreografici-performativi: nel bosco si materializza infine una terza presenza, un giovane dal corpo dorato; ed è con lui che Laffut si accoppia. Difficile decrittare il clip dei The Bardos, magari lasciandosi andare a letture alchemiche, o vedendo nelle due metà contrapposte (caratterizzate dai due diversi colori) una sorta di yin e yang che si congiungono poi sulla tela pittorica. A questo si aggiunge il simbolo della colomba. Molto più probabilmente tutto questo non significa nulla se non l’esplicitazione di un universo onirico.

GRAVITY

Danimarca, 2014, 5’47”

musica: Trentemoller

regia: Tue Walin Storm, Elvira Lind

giudizio: bello

Il protagonista di Gravity probabilmente fa uno dei mestieri più singolari del mondo: il carpool lane service. Vale a dire che per la modica cifra di 10 dollari passa la giornata sulle autostrade di Los Angeles accompagnando gli automobilisti solitari che, per usare la corsia preferenziale, hanno bisogno di essere in più di due a bordo (questa spiegazione ci viene data all’inizio del video da un cartello esplicativo). Così il giovane, vestito di tutto punto da vero professionista, deve sorbirsi la varia umanità, diventando uno sfogatoio per tutti. I due registi riescono naturalmente a dare un taglio da cinema verità al video, che sembra davvero frutto di improvvisazione e basato su un casting di autentici conducenti trovati sul momento.

WICKED AS IT SEEMS

Usa, 1992, 3’55”

musica: Keith Richards

regia: Mark Romanek

giudizio: cult

La cinepresa riprende il corpo di un uomo riverso a terra, zoomando dentro a un tombino aperto. Dal buio affiora il volto di Keith Richards che canta. Potrebbe sembrare l’incipit di un film noir. Il chitarrista dei Rolling Stones mentre suona imbracciando lo strumento nel quartiere a luci rosse di Los Angeles, è solo una delle tante immagini che compongono questo clip in bianco e nero di Romanek. Sono flash, scene di strada o quadri d’interno che si susseguono senza logica: una spogliarellista afro che danza svogliatamente, travestiti, giovani che si toccano la patta dei pantaloni, altri che fanno i duri scagliando bottiglie o mostrando tirapugni di ferro. Violenza, sesso, degrado sono gli ingredienti di Wicked as it seems, accenni di una possibile narrazione che non si realizza.