Come un pellegrinaggio, la settimana scorsa, è stato quello del pubblico al teatro Vascello, per ammirare Renato Carpentieri, Prospero il mago, protagonista della Tempesta shakespeariana. Un mago contemporaneo, avveduto e capace di sentimenti, e comportamenti, molto vicini a noi: non l’artefice vendicativo che risolve una intricata vicenda di potere, dinastico e familiare, ma un umanissimo uomo che giunto alla maturità si decide a risolvere i nodi avviluppati del suo passato, e fa la «magia» di prendersi il meritato e tardivo riposo, pur dopo aver ripreso la carica ducale che gli era stata strappata, sistemato la figlia affidandola a un giovane principe, punito i colpevoli senza troppo infierire, e premiato chi gli è stato al fianco in tempi diversi.

LA COMPLICATA vicenda si riflette così anche sul peso scenico che i personaggi, e i loro interpreti, assumono. Artefici della soluzione sono con il protagonista i suoi schiavi/assistenti, quasi una emanazione dei suoi contrastati sentimenti. Ariel (Filippo Luna) esperto e complice sulle umane debolezze ma esecutore puntuale di ogni sfumatura dell’impresa, e l’animalesco Calibano (Vincenzo Pirrotta), figlio di strega ma incapace di distinguere attentamente tra il bene e il male. A loro e agli altri personaggi, la regia di Roberto Andò fornisce ogni possibile attrezzatura scenica: dal palcoscenico allagato (che rovescia il concetto dell’isola magica) alla scena mutante con letti che scendono e salgono dal soffitto, e travestimenti e spiazzamenti in controluce o in prospettiva.

MA È CHIARO che il nodo principale che regia e interpreti propongono (e apparecchiano, quasi letteralmente, in scena), è il tema della riconciliazione, se non proprio del perdono. Qualcosa che ci riguarderebbe molto da vicino, se non fosse in atto, oggi,, una folle rincorsa in senso contrario. Ogni strumento scenico collabora a rafforzare quella necessità di soluzione: dallo scambio degli attori dentro i personaggi ai costumi senza tempo, ai dialetti incrociati (un godibile duello tra siciliano e napoletano dei due lestofanti arraffoni). In mezzo a loro CarpentieriProspero si muove con grande umanità, né mitomane né votato alla vendetta, a tratti morbidamente nervoso in quell’umana debolezza, così vicina e comprensibile al pubblico di oggi.