Sfidano anche il meteo dalle ore 15 in Fondamenta delle Zattere. L’iniziativa europea dei movimenti per la difesa dei territori si conclude con l’Action Day con un concerto e soprattutto un’altra contestazione delle Grandi Navi a Venezia.

Ma nemmeno la pioggia sembra in grado di fermare il «carosello acqueo» contro le città galleggianti del turismo senza scrupoli. Attivisti «par tera e par mar» come già l’8 marzo 2016 a Punta della Dogana, in occasione del vertice fra Renzi e Hollande. E come allora sono tornati i NoTav insieme a NoMuos siciliani, Stop Biocidio campani, NoTap dal Salento e Terre in moto delle Marche. Ieri pomeriggio hanno partecipato al confronto-assemblea ai Magazzini del Sale con i tedeschi anti Stuttgard 21, Ciutat per a qui l’habita Palma delle Isole Baleari, i portoghesi di Academia CidadÒ e i francesi del Comitè contre l’aereporte de NotreDame des Landes.

È dal 2 marzo 2012, in base al decreto Clini-Passera, che il bacino di San Marco ed il Canale della Giudecca sarebbero vietati per le navi da crociera di oltre 40 mila tonnellate. Ma per il Porto la crocieristica con un milione e mezzo di passeggeri all’anno rappresenta un business irrinunciabile. Il prezzo però lo paga Venezia, perché il passaggio di una Grande Nave all’interno della città antica corrisponde all’inquinamento di 14 mila auto. Senza dimenticare i danni prodotti alla laguna, dove tra 2000 e 2010 la superficie delle barene si è ridotta da 60 a 47 chilometri quadrati.

Così le eloquenti foto di Gianni Berengo Gardin e la mobilitazione di cittadini e comitati ambientalisti fino al referendum autogestito hanno imposto la priorità della vera salvaguardia di Venezia dall’onda dei mega-villaggi turistici a pelo d’acqua. È la politica che dovrebbe saper governare l’emergenza. Invece, si arrabatta fra progetti più o meno in sintonia con le lobby senza mai decidere di mantenere le Grandi Navi fuori dalla laguna.
Intanto, il provveditore alle Opere pubbliche Roberto Linetti contabilizza a beneficio del governo Gentiloni i nuovi costi del Mose, la grande opera da 5,5 miliardi che ha generato finora una marea di tangenti e appalti in concessione unica. «Oltre ai 221 milioni mancanti per il completamento dei lavori del Mose, per la gestione del sistema di paratie mobili a regime serviranno almeno 80 milioni più i 15 per il mantenimento». Cioè quasi 100 milioni all’anno.