Toc toc. Caro Renzi, c’è posta per te. Ma chissà se il premier aprirà al postino, visto che la valanga di lettere in arrivo non è per nulla semplice da affrontare. A scrivere a Palazzo Chigi sono i pensionati, spesso unica o tra le poche risorse delle famiglie italiane, che tra tasse e mancata rivalutazione dei loro assegni davvero non reggono più. Richiesta principe: «Vogliamo anche noi gli 80 euro». Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp – guidati dallo slogan #Nonstiamosereni – puntano a recapitare ben 1 milione di missive, e un primo saggio è arrivato qualche giorno fa dalla Camera del Lavoro di Bologna: da tutta l’Emilia Romagna ha rivoltato sul tavolo del Pd ben 50 mila cartoline. Ma è solo un assaggio.

Il pressing, già attivo da qualche mese – da quando cioè è stato deciso che il bonus Irpef sarebbe andato solo ai lavoratori dipendenti – ieri è stato alimentato dai dati usciti dalla Confesercenti, che hanno messo in evidenza un peso fiscale sulle pensioni, e una perdita del potere di acquisto causa crisi, che non ha eguali in Europa.

«Nel 2014 – spiega Marco Venturi, presidente dell’associazione di commercianti – un pensionato “medio” perderà 1.419 euro di potere d’acquisto rispetto al 2008. Sono oltre 118 euro in meno al mese, sottratti ai consumi e ai bilanci delle famiglie, che sempre più spesso sono sostenuti proprio dai pensionati, diventati durante la crisi pilastri del welfare familiare».

Il problema, ovviamente, sta nella mancata rivalutazione delle pensioni: da anni i pensionati chiedono ai vari governi che si succedono, un meccanismo che tuteli il loro potere d’acquisto. Il più solerte fu Romano Prodi, che aprì un tavolo per studiare un sistema equo di aumento periodico: ma con la fine del suo governo, è caduta ogni speranza. Tutti gli altri premier hanno sempre risposto picche, e anche a Renzi è stata avanzata la richiesta di un incontro e di un tavolo, ma per ora il “giovane” premier si è mostrato più che disattento rispetto agli anziani: nessuna risposta. Una vera e propria ingratitudine generazionale, se pensiamo che i quarantenni di oggi devono tantissimo ai sessanta-settantenni.

Ma non basta, perché a pesare sulle pensioni non è soltanto la mancata rivalutazione, ma anche l’aggravio delle tasse: una condizione, quella degli anziani, che dovrebbe essere tutelata di più dal nostro sistema fiscale, mentre su di loro (e sui dipendenti) si scarica al contrario tutto il peso dello Stato.

E più tartassata, per paradosso, è la fascia medio-bassa: «Su una pensione corrispondente a 1,5 volte il trattamento minimo Inps, un italiano paga in tasse il 9,17% dell’assegno previdenziale, mentre i suoi colleghi di Germania, Francia e Spagna e Regno Unito nulla», spiegano alla Confesercenti.

L’associazione mette in evidenza il risultato che emerge nel caso di un trattamento pensionistico pari a 3 volte il minimo: «Il pensionato italiano è soggetto a un prelievo doppio rispetto a quello spagnolo, triplo rispetto a quello inglese, quadruplo rispetto a quello francese e, infine, incommensurabilmente superiore a quello tedesco: si va dagli oltre 4 mila euro sopportati dal pensionato italiano ai 39 a carico del pensionato tedesco!».

«È ora di dare una svolta definitiva a questa ingiustizia, ripensando il sistema fiscale – conclude Venturi di Confesercenti – Soprattutto si deve tener conto dell’erosione del potere d’acquisto dei pensionati, estendendo anche a loro, come primo passo, il bonus fiscale, in modo tale da ridurre almeno la perdita su base mensile».

Richiesta condivisa anche da Carla Cantone, segretaria dei pensionati Spi Cgil: «I pensionati sono il pilastro della nostra società – dice Cantone – Pagano le tasse. Tutte, fino all’ultimo centesimo. Aiutano sempre le proprie famiglie e in particolare figli e nipoti senza lavoro. E sono sempre loro che si fanno carico del lavoro di cura in favore di bambini e non autosufficienti». «È per questo – conclude – che il governo deve confermare l’intenzione più volte annunciata di dare anche a loro il bonus fiscale di 80 euro e tutelare nel tempo il loro potere d’acquisto. Per rilanciare i consumi ma soprattutto per una questione di giustizia sociale».

E sì, anche perché secondo un’inchiesta svolta dalla Repubblica, in catene come Coop ed Esselunga, che rappresentano un terzo della grande distribuzione italiana, in giugno gli incassi non si sono incrementati: sicuramente è presto per misurare l’effetto degli 80 euro (era il mese di debutto), ma per il momento è certo che gli italiani hanno preferito conservare, o pagare qualche bolletta, o tassa (c’erano le scadenze di Iva e Tasi).

Pare però – è questo il punto che ci interessa – che secondo le analisi della Coop, si sia confermato in giugno un trend: ovvero che le famiglie di età medio-alta incrementano i consumi, mentre le coppie giovani li contraggono. Molti giovani – magari precari, e perciò esclusi dagli 80 euro – vanno a mangiare dai genitori, spesso pensionati. Quindi è davvero il caso di aiutare questi ultimi, per aiutare tutti. Insomma Renzi, apri al postino.