Dieci anni fa sul tema delle imposte si fronteggiavano due manifesti. Sul primo Berlusconi prometteva «Meno tasse per tutti»; il secondo, autore ignoto, reclamava «Meno tasse per Totti» (cioè per i ricchi). Oggi la discussione è pressappoco allo stesso livello.

Circa la prima tesi si pongono due problemi: come finanziare la riduzione delle imposte nel rispetto dei vincoli di bilancio (aggiungerei: e senza sopprimere quanto rimane dello stato sociale); e come rispondere – seriamente – alle critiche di Bruxelles: ridurre le imposte sulla casa è contrario alle raccomandazioni dell’Unione europea, e il carico fiscale che grava sul lavoro e sui capitali dovrebbe essere spostato proprio sugli immobili. La flessibilità sul deficit, d’altra parte, è già stata concessa la primavera scorsa.

Quanto alla seconda tesi, c’è chi ogni tanto riscopre la “Curva di Laffer”: se l’aliquota fiscale supera un certo livello le entrate fiscali diminuirebbero, dunque meno tasse per i ricchi. È questa una tesi priva di fondamenti teorici, cara alla destra americana, e che ogni tanto viene riscoperta in Italia.

Contro tutte e due queste tesi i padri costituenti, con il sobrio articolo 53, avevano già predisposto un ordinamento tributario a un tempo ragionevole e efficace: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività».

Nell’Italia di oggi, una redistribuzione del reddito per via fiscale sarebbe ragionevole poiché è fuor di dubbio che l’attuale distribuzione del reddito e della ricchezza sia arbitraria e iniqua, e che questa sia una tra le cause della crisi. L’Irpef è sì una imposta progressiva, ma l’aliquota marginale massima si ferma al 43% per i redditi oltre i 75 mila euro, mentre molti sono i redditi superiori, e di molto, a questa cifra: il 5% dei contribuenti più ricchi concentra quasi un quarto del reddito complessivo; e l’elusione e l’evasione fiscale non vengono combattute con gli strumenti che in realtà sono disponibili.

Una redistribuzione del reddito sarebbe inoltre efficace ai fini di una maggiore crescita dell’economia, e per una ragione molto semplice. La propensione marginale al consumo è il rapporto tra l’incremento del consumo e l’incremento del reddito, e tale propensione è per i ricchi minore di quella dei poveri. Dunque una redistribuzione del reddito mediante minori imposte sui più poveri e maggiori imposte sui più ricchi farebbe aumentare i consumi; dunque farebbe aumentare il reddito nazionale e dunque l’occupazione: con un vantaggio per tutta la collettività.