Caro presidente Zingaretti, c’è posta per te. Va premesso che, in base alla normativa, il potere in merito all’ubicazione dei siti delle antenne e dei trasmettitori radiotelevisivi sta in capo alle regioni.

Con il cosiddetto «Piano territoriale di coordinamento» del 4 aprile del 2001 dell’istituzione laziale non fu giudicato idoneo – per evidente contrasto con il decreto 381 del settembre 1998 sull’inquinamento elettromagnetico – l’inferno di Monte Cavo Vetta, alle porte di Roma.

Si può scrutare la pornografica bruttezza del luogo volgendo lo sguardo verso i Castelli romani, letteralmente sovrastati da quintali di ferraglia e da flussi di (pericolose) onde hertziane rimasti impunemente lassù.

La citata decisione della regione (allora presieduta da Piero Badaloni), figlia del piano nazionale delle frequenze approntato dal ministero delle Comunicazioni nel 1999 e rimasto lettera morta perché non corrivo con il duopolio Rai-Fininvest/Mediaset, fu travolta dagli eventi.

Infatti, la legge Gasparri del 2004 (recepita dal Testo unico dell’anno successivo) e ancor più il Piano digitale del 2009 di fatto diventarono una sorta di condono.

Tuttavia, per fortuna, la storia procede per «salti». E infatti, il 20 aprile scorso il Consiglio di stato ha respinto il ricorso di «Ei Towers» (la società degli impianti del Biscione) contro la sentenza del Tar del Lazio del 2014, che puntualizzava una sua precedente decisione del 2003, chiara nel merito: le strutture di Mediaset, in contrasto con le norme urbanistiche, andavano abbattute. La massima autorità amministrativa non ha ritenuto significative le istanze della parte privata e ha, quindi, riabilitato a tutti gli effetti l’ordinanza di sgombero n.135 del 12 agosto del 2003 varata dal Comune di Rocca di Papa. Il sindaco del centrosinistra Carlo Ponzo si diede molto da fare – tenacia ribadita dal successore Pasquale Boccia – resistendo ad un costante e variegato ostruzionismo.

La scelta del Consiglio di stato, che sottolinea la contraddizione plateale con il diritto di quegli insediamenti, è un punto di svolta. Ecco, Nicola Zingaretti ora ha la possibilità di rivedere l’«assentimento» dato dalla regione nel 2009 alla (contro)riforma digitale.

Del resto, non esitò l’allora sindaco di Roma Walter Veltroni a mandare le ruspe a bonificare il sito collocato sopra la scuola Leopardi, avvalendosi dello stesso Piano territoriale.

Ci si attende, dunque, una decisione tempestiva della regione e del comune di Rocca di Papa, per superare un obbrobrio nefasto.

La Rai, servizio pubblico, dovrebbe per prima dare l’esempio, essendo a sua volta parte in causa.

Tra l’altro, la sentenza è un precedente interessante, che per analogia estende i suoi dettami ai numerosi siti a rischio che tuttora pullulano in Italia e sul cui carattere eversivo è calato uno sciagurato silenzio.

Non dimentichiamo, poi, il ruolo svolto fin qui – in termini non commendevoli – dal Ministero competente e dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. La prossima settimana il presidente dell’Agcom Cardani svolgerà la relazione annuale al parlamento. Chissà se non ci riserverà qualche sorpresa.

Sarebbe il momento, infatti, di riaprire la questione digitale, separando il grano dal loglio.

Si valorizzi la straordinaria tecnologia per l’incremento delle opportunità comunicative, e si tolga di mezzo la «bolla» finalizzata a coprire illegalità antiche o a far quadrare i conti dei già deboli limiti antitrust. Il sogno digitale è finito e ha lasciato sulla strada scorie pericolose.

I «siti» dannosi vengano cacciati dal tempio.

La replica della Regione Lazio

Caro Vincenzo,

come tu saprai, con l’avvento della riforma DLgs.177/2005 è stato abrogata la competenza da parte delle Regioni di redigere i Piani Territoriali di Coordinamento (PTC) per la localizzazione degli impianti di emittenza.

La Regione Lazio nel 2001 fu una delle poche in Italia ad aver predisposto un Piano d’intesa con i Ministeri competenti. Nel 2009, alla luce della riforma intervenuta nel 2005, l’AGCOM con delibera n.426/2009 ha deciso un nuovo Piano di Assegnazione delle frequenze (PAF) a cui la Regione Lazio all’epoca non si oppose anche in virtù del “principio di equivalenza dei siti” che, come viene ribadito nella relazione di accompagnamento dell’Autorità in più punti: introduce la flessibilità del piano, illustra le modalità di applicazione di tale principio e consente l’esercizio del segnale di emissione delle frequenze assegnate da un insieme di siti, anche diversi dall’originario, dando ai Comuni un’ampia possibilità di scelta e autonomia.

È improprio, quindi, chiedere di rivedere “l’assentimento di allora” alla luce della sentenza del Consiglio di Stato del 20 aprile 2017. L’esito della sentenza conclude un pregresso contenzioso fra il Comune di Rocca di Papa e le società emittenti in ordine alla illegittimità degli impianti esistenti che risultano realizzati abusivamente e per i quali, a suo tempo, il Comune ha emanato ordinanza di demolizione delle strutture e delle antenne oltre all’obbligo di ripristino delle aree di Monte Cavo.

La sentenza, a favore del Comune, conferma la legittimità dalle ordinanze emesse per la demolizione delle opere abusive.

Attualmente ci troviamo nella situazione in cui la Regione Lazio non può predisporre un nuovo piano di individuazione dei siti, mentre il vecchio Piano non è stato abrogato.

Ricostruire tutto ciò dal punto di vista normativo e procedurale è stato molto complesso, gli uffici tecnici e legislativi regionali si sono adoperati nel trovare una soluzione, che se capisco bene la tua domanda, è proprio quella di sostenere e supportare i comuni in questo delicato compito.

Per questo la Regione Lazio sta predisponendo una delibera di indirizzi, che recuperando e attualizzando la sola normativa tecnica urbanistica e ambientale del PTC, supporti i Comuni per definire la procedura e la migliore localizzazione dal punto di vista paesaggistico, ambientale e urbanistico degli impianti.

Michele Civita, assessore alle Politiche del Territorio e Mobilità della Regione Lazio