Caro Papa Francesco,
Lei ha pronunciato parole forti quando ha chiesto alla Comunità internazionale di intervenire ed impedire il genocidio che rischia di compiersi contro le minoranza irachene, in particolare cristiani e yazidi, che in questo momento sono sotto attacco da parte dell’Isil (Stato islamico dell’Iraq e del Levante). Ha giustamente detto che «non si fa la guerra in nome di Dio».
Lei saprà anche che l’Isil non nasce dal nulla, ma la sua crescita è stato favorita e foraggiata dagli Stati uniti e da alcuni paesi arabi del Golfo (il loro capo Abu Bakr Al Baghdadi, già prigioniero a Guantanamo è stato addestrato da forse speciali americane), allo scopo di destabilizzare il Medio Oriente, al fine di poter conservare i propri interessi economici e strategici. Anche se, e la storia si ripete, le forze del male, una volta scatenatesi, non si riescono più a controllare.
Questi stessi paesi, con la cristiana Europa connivente, forniscono un appoggio incondizionato ad Israele ed impediscono che si ponga fine alla tragedia palestinese che dura da almeno 66 anni. Lei sa che nei confronti di questo popolo è in corso una pulizia etnica strisciante, e che alcuni rappresentanti del governo e del parlamento israeliano si sono spinti ad invocare la cacciata nel Sinai dei palestinesi di Gaza o la loro distruzione (…).
Quando l’abbiamo vista assorto in preghiera a Betlemme, appoggiato al muro di separazione, abbiamo sperato che finalmente potesse cambiare qualcosa. Ha anche invitato alla preghiera ed ospitato nella sua stessa casa, l’ex presidente di Israele Shimon Peres ed il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas, ma la riposta di Israele dopo pochissimo tempo da questo atto è stata tremenda.
Lei sa che il disprezzo totale che Israele riserva ad ogni consiglio e ad ogni seppur lieve critica e la sicurezza che ostenta sono dovuti alla impunità totale che finora l’Occidente gli ha garantito: per questo continuerà con una guerra strisciante, intervallata a momenti di maggiore intensità perché il suo vero obiettivo è di impadronirsi di tutta la Palestina, costi quel che costi.
Da ogni parte del mondo e anche da parte di numerosi ebrei, anche italiani, si invoca la fine della tragedia palestinese e la fine dell’embargo che da sette anni opprime e comprime Gaza: le richieste dei palestinesi sono assolutamente normali: chiedono la fine dell’assedio, la possibilità di coltivare le proprie terre, allevare i propri animali, pescare, poter andare in Cisgiordania a visitare i propri parenti, frequentare scuole ed università, in Palestina o all’estero.
La mancata soddisfazione di queste richieste umane e basilari non farà altro che esacerbare gli animi e allignare anche in seno alla società palestinese reazioni di morte e di violenza, che alimenteranno nuove guerre, come si sta vedendo a pochi chilometri di distanza.
Ma c’è un altro importante aspetto che deve mettere in allarme. Come si è visto, ogni qualvolta un cambiamento o una novità mettono a rischio i i rapporti di forza tra le due parti, Israele reagisce con violenza inusitata e con massici bombardamenti, uccide e distrugge indiscriminatamente, e questo farà finchè qualcuno non deciderà di fermarne la follia distruttrice (…).
Vorremmo, Papa Francesco, che lei, anche in questo caso, pronunciasse parole forti e persuasive e mettesse in moto la sua diplomazia, così come ha fatto per le minoranze cristiane in Iraq.
Sta per scadere la tregua di 72 ore: un suo intervento forte sarebbe significativo e potrebbe smuovere anche le coscienza più dure. Siamo consapevoli delle resistenze che la circondano, ma è in gioco la vita di una parte dell’umanità.