Si scrivono un sacco di lettere in periodi di isolamento e reclusione, solo che non tutte hanno la stessa priorità. C’è la lettera della Cedu, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, cui il Governo italiano, per la prima volta, è tenuto a rispondere sulla gestione dell’emergenza Covid-19 nelle carceri italiane, a partire da un caso di domiciliari negati a Vicenza, e dovrà farlo entro le 10 del 14 aprile. C’è la lettera del Sappe, l’Organo Ufficiale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, indirizzata al Presidente Conte, in cui si chiede il commissariamento del Dap, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, e addirittura ci si appella al Papa, il cui interesse per i detenuti è stato espresso durante la Via Crucis.

Il crocifisso portato da un ergastolano, le meditazioni scritte da cinque detenuti (tra cui ergastolani e condannati per omicidio), dalla famiglia di una ragazza uccisa, dalla figlia di un detenuto, dall’educatrice di un carcere, da un magistrato di sorveglianza, dalla madre di un detenuto, e da un agente di polizia penitenziaria: un Cristianesimo delle origini, quello delle Maddalene e dei Barabba, di una potenza civile folgorante, anche per i non credenti. E poi ci sono le lettere dei carcerati. Scritte magari in stampatello, su fogli di quaderno. Il tono solenne, per nulla compromesso da eventuali errori grammaticali, anzi, lì, tutto lo sforzo di chi tenta di farsi ascoltare, a dispetto delle distanze, nonostante tutto. Tanto lette e rilette dai parenti, queste lettere, quanto ignorate dalle istituzioni. Tutt’al più se ne cita qualche passo, opportunamente corretto, come a scuola, su qualche giornale. Il resto finisce sulle scrivanie della burocrazia.

Riportiamo per intero una lettera manoscritta dei detenuti della Casa Circondariale di Bari, dove le proteste sono rientrate senza ricorrere alla forza e senza nessun ferito. Merito di Valeria Pirè, la direttrice, Francesca De Musso, comandante della polizia penitenziaria, e Pietro Rossi, Garante della regione Puglia, che, all’indomani della crisi sanitaria, ha preso a recarsi con più frequenza dai detenuti, parlandoci di persona. La lettera è datata 12 marzo e a oggi è senza risposta. La riportiamo per intero, com’è stata scritta. Lo sforzo, stavolta, lo compia chi legge.

Ministero della Giustizia

Alla cortese attenzione dell’ill.mo Presidente della Repubblica, del ministero della Giustizia e dell’ill.mo Garante dei detenuti Nazionali e Regionali

Oggetto: Protesta Pacifica scritta inerente al disagio carcerario vigente nella casa circondariale di Bari e in tutti gli istituti carcerari del territorio italiano.

Noi sottoscritta popolazione detenuta ristretta presso la casa circondariale di Bari, esponiamo quanto segue

  • Nonostante i vari disagi che da anni viviamo, ci discostiamo totalmente dalla partecipazione e dalla promozione di qualsiasi forma di protesta violenta;
  • Siamo consapevoli che attualmente la prerogativa principale della popolazione Italiana e Mondiale è quella di limitare e debellare la diffusione del “Virus Covid-19” pertanto con le richieste che successivamente formuleremo non intendiamo sottrarre forze alla lotta contro il virus, ma semplicemente una volta superata questa situazione di crisi concentrare l’attenzione e la successiva risoluzione di problematiche esistenti da decenni che gravano sul sistema carcerario.
  • La fragilità e l’inefficacia del sistema carcerario italiano è noto da diverso tempo, e in momenti critici come l’emergenza Corona Virus che stiamo attraversando, si manifesta e si evidenzia ancor di più l’incapacità organizzativa e gestionale all’interno degli istituti. Difatti le rivolte e le proteste scoppiate nei carceri italiani in questi giorni, scaturite dalla paura e dall’onda mediatica del massmedia se non che dalla scarsa informazione ricevuta dai detenuti prima dell’applicazione delle restrizioni, non sono altro che l’epilogo finale di un disagio enorme vissuto da noi detenuti ormai da molti anni. Disagio umanamente inaccettabile causato da un’esponenziale sovraffollamento della ripetuta inadempienza del sistema sanitario penitenziario e quindi dalla moltitudine di casi di malasanità, e dalla inagibilità di molti istituti, il tutto decretando veri e propri casi di tortura in contrasto all’art. 3 cedu e ovviamente l’inefficacia del percorso rieducativo finalizzato al nostro rientro in società.
  • Non riconosciamo adatta e competente la figura del Ministro Buonafede come ministro della giustizia, in quanto oltre a non fornire le corrette informazioni prima dell’applicazione delle restrizioni (soprattutto riguardo la soppressione dei colloqui visivi con i famigliari) in momenti così critici come questi giorni anziché invitare al ragionare coloro i quali hanno intrapreso la strada errata e controproducente della rivolta, ha letteralmente sfidato e provocato con discorsi populisti anche coloro che nonostante la paura e l’incertezza di questi giorni, ha sempre assunto un comportamento ragionevole e pacifista. Il sig. Buonafede ha quindi intrapreso la campagna politica a suo favore che ha però commentato nuove rivolte e proteste in altri carceri del territorio italiano, dimenticando il suo vero ruolo in casi d’emergenza come questo, e cioè il corretto funzionamento del ministero di giustizia che prevede le corrette misure di risposta e attenzione alle rivolte e di prevenzione e non divulgazioni di atti violenti negli istituti ove i detenuti hanno pacificamente protestato o accettato le limitazioni imposte. I discorsi del ministro Buonafede quindi oltre a diffondere nuove rivolte e proteste ad una velocità di contagio superiore a quella del “corona virus” hanno completamente omesso i veri problemi del sistema carcerario italiano che sono legati appunto al sovraffollamento, alla malasanità nelle carceri e al congestionamento dei tribunali. Problematiche di cui il ministro è a conoscenza dall’inizio del suo mandato, ma a cui non ha mai prestato la giusta attenzione ed interessi, a differenza del precedente Ministro Orlando.

Tutto ciò premesso:

Chiediamo

Successivamente alla fuoriuscita del periodo d’emergenza dovuto al “corona virus” di focalizzare l’attenzione e conseguente risoluzione delle problematiche.

  • Sovraffollamento
  • Sanità penitenziaria.
  • Agibilità istituti carcerari.

Chiediamo invece subito

L’applicazione di leggi già esistenti per l’accesso ai benefici a coloro che rientrano nei termini e nei requisiti, escludendo la discrezione dei giudici non creando così discrepanze nei vari tribunali di sorveglianza del territorio italiano.

Le dimissioni immediate del sig. Ministro Buonafede.

Fiduciosi di ricevere la giusta attenzione alla nostra protesta pacifica e uniti a tutta la popolazione italiana e mondiale alla lotta contro il “Corona Virus” cogliamo l’occasione per porgere i nostri più distinti ossequi.

In fede e con osservanza

I Detenuti della C.C. di Bari