Come Filt-Cgil siamo fermamente convinti che il processo di nascita della newco Ita Alitalia può essere occasione di sviluppo industriale per il trasporto aereo e per il paese ma solo se avrà un perimetro di attività e un numero di dipendenti in grado di intercettare la ripartenza del settore. Con tutte le categorie della compagnia – piloti, assistenti di volo e addetti di terra – abbiamo tenuto assemblee, coinvolgendo più di mille persone: una grande prova di democrazia che ci ha confermato la necessità tutelare la piena occupazione e di scongiurare esuberi.
Naturalmente la nostra convinzione non nasce solo dall’essere e fare sindacato ma da considerazioni oggettive che hanno portato il governo ad investire 3 miliardi per varare la nuova compagnia.
L’Italia fino al 2019 era il 3° mercato passeggeri europeo e l’8° mercato nel mondo: è quindi assolutamente necessario dotarsi di un soggetto industriale nel settore del trasporto aereo che sia in grado di intercettare la crescente domanda che ci sarà alla riapertura del mercato, appena il piano vaccinale comincerà a dare i propri effetti.
Perchè è indubbio, come rileva Vincenzo Comito sul manifesto del 27 gennaio, che la pandemia ha causato il crollo dei traffici, enormi perdite per le compagnie aeree e che la ripresa ai livelli precedenti è stimata in due o tre anni e che forse ci si sposterà di meno per lavoro, ma questa situazione drammatica può trasformarsi in un’opportunità. Siamo convinti che dietro questa crisi si celino interessanti prospettive che non possiamo non cogliere quando il mercato si riavvierà, soprattutto in termini di volano per l’industria turistica. In questa fase transitoria, dove i principali concorrenti sono ancora nelle nostre stesse condizioni, dovremmo urgentemente riorganizzare l’intera industria del trasporto aereo italiano, dotandola di un impianto normativo e legislativo e di un’Autorità nazionale in linea con le future necessità, ponendola al centro degli interessi del paese.
Non siamo sicuri, come sostiene Comito, che l’Alitalia sia «morta da tempo come impresa». È sicuramente in grossa difficoltà, come del resto di tutto il settore del trasporto aereo europeo e mondiale. Ma sicuramente di questa situazione non vogliamo che ne approfittino le compagnie di bandiera di altri paesi, per esempio i tedeschi, richiamati dal professore. Sarebbe un po’ come regalare un patrimonio pubblico ad uno straniero, il destino capitato, come ricorda Comito, a molte società private del nostro paese. Proprio per queste ragioni non serve una mini compagnia e abbiamo detto «No» allo schema di piano industriale della Nuova Alitalia. È impensabile che l’Italia si doti di un’azienda sottodimensionata di 52 aerei, perdendo quindi l’opportunità di poter competere nel mercato globale. Il piano industriale deve, al contrario, traguardare un rilancio vero e duraturo della nuova Alitalia che deve garantire la connettività del nostro paese con il resto del mondo attraverso i voli di lungo raggio verso, per esempio, il ricco mercato intercontinentale asiatico, richiamato anche dal professore. Le compagnie cinesi volavano cinque volte al giorno verso l’Italia portando passeggeri dalla Cina e noi, alla luce di questo dato, non possiamo non presidiare quel mercato come sino ad oggi ha fatto Alitalia. È vero, serve più coraggio dalla politica che deve dare, attraverso l’azionista ministero dell’Economia e delle finanze, un indirizzo chiaro al cda e all’amministratore delegato di Ita. Serve una cabina di regia fra i ministeri interessati, la nuova Ita, la vecchia Alitalia in amministrazione straordinaria e le parti sociali per ragionare su soluzioni realizzabili: non è più il tempo di lavorare a compartimenti stagni. Per noi non è accettabile che, a seguito del piano redatto dalla nuova dirigenza, 6 mila lavoratori altamente qualificati vengano “parcheggiati” nella Alitalia in amministrazione straordinaria senza certezze sul proprio futuro, fuori dal ciclo produttivo e senza garanzie sul mantenimento di qualifiche e certificazioni. Secondo noi Alitalia si può rilanciare senza bisogno di miracoli ma facendo tesoro degli errori manageriali delle passate gestioni e ascoltando chi il mondo del lavoro lo rappresenta.
*segretario nazionale Filt-Cgil