Il 19 dicembre 2021 sul Corriere della Sera è stato pubblicato, a firma del prof. Luciano Canfora, un articolo intitolato “Salviamo la laurea magistrale”. Ciò che si vuole contestare in questa sede non è tanto la tesi di fondo sostenuta dal prof. Canfora quanto l’inappropriato attacco al ricco e articolato mondo della pedagogia e delle scienze dell’educazione.
Al di là delle valutazioni sul metodo e sulle scelte ministeriali, vorrei svolgere alcune considerazioni su una questione molto importante qual è la formazione degli insegnanti. La professione di insegnante richiede uno specifico e articolato percorso formativo, come qualsiasi professione.

Nessun pedagogista si è mai sognato di affermare che per insegnare qualsivoglia disciplina non sia necessaria una seria e solida preparazione culturale e disciplinare. Tuttavia tale preparazione non è da sola sufficiente. Chi sa, non necessariamente sa anche insegnare come credeva invece Giovanni Gentile e come continuano a credere in molti.
Se vogliamo garantire una scuola di qualità e aperta a tutti e tutte dobbiamo investire seriamente sulla preparazione professionale degli insegnanti, come avviene in tutta Europa. E’ necessario che oltre alla solida preparazione culturale e disciplinare si disponga anche di una formazione pedagogico-didattica volta a far acquisire ai futuri insegnanti, sia nella formazione iniziale sia nella formazione continua, competenze pedagogiche, storico-pedagogiche, didattiche, relazionali, valutative, psicologiche, riflessive, organizzative, ecc.

La competenza riflessiva, in particolare, va sviluppata in modo costante, soprattutto, attraverso l’esperienza del tirocinio, momento formativo fondamentale per lo sviluppo dei repertori professionali e per la costruzione di un sapere teorico-pratico che non può essere liquidato come “belletto”.
Come può allora un raffinato intellettuale come il prof. Canfora affermare che “di quei 60 crediti formativi destinati forse a soppiantare gli studi specialistici, ben 36 sarebbero di indottrinamento pedagogico, cioè di teoria astratta del nuoto, e gli altri 24 verrebbero destinati all’imprecisato, ma prezioso come belletto, tirocinio”?

Un conto è contestare una scelta e un impianto ipotetico su cui si può più che legittimamente dissentire, altra questione è offendere in modo greve e ingiustificato l’insieme degli studi, delle ricerche, dei saperi, delle conoscenze e delle competenze proprie della pedagogia e delle scienze dell’educazione e della formazione declassandoli a “indottrinamento pedagogico”.

*Presidente della SIPED – Società Italiana di Pedagogia
Direttore del Dipartimento di Scienze della Formazione – Università degli Studi Roma Tre