Grazie alla vastità della rete il mercato delle pulci si può trovare un po’ ovunque. Non c’è bisogno di andare lontano, di frequentare spazi fisici, basta navigare nei siti specializzati delle aste online per imbattersi in qualcosa di interessante. Anche nella storia del Salvator Mundi di Leonardo c’è stato un momento in cui il dipinto è semplicemente venuto a galla, nella disattenzione generale, acquistato per poche centinaia di dollari. Prima di fare il percorso che l’ha portato a imporsi alla comunità scientifica, al mercato e alla conoscenza della gente comune, era solo un dipinto misconosciuto, manipolato e dimenticato nel limbo. Tramite questa rubrica mi piacerebbe raccontare le vicende rocambolesche di opere d’arte antica transitate sul mercato italiano o straniero e sfuggite all’attenzione. Il contesto più comune prevede che si manifesti – per qualche imponderabile motivo – la perdita di conoscenza della storia e delle qualità dell’oggetto. Quando ciò accade si presenta l’occasione irripetibile di comprare un Leonardo prima che diventi tale. È in questo preciso punto della traiettoria che avvengono le scoperte più sensazionali. Vorrei iniziare da un caso specifico, legato al nome di un pittore leggendario: Carlo Braccesco. Roberto Longhi ha scritto su di lui un saggio divenuto giustamente famoso, pubblicato nel 1942. In quel testo iperletterario è ricostruito il percorso stilistico di un autore lombardo vissuto a cavallo tra Quattro e Cinquecento, operoso tra la Lombardia e la Liguria. Solo nella parte finale del saggio Longhi svelava, come in un avvincente giallo, il nome del pittore che fino a quel punto della narrazione è fatto apparire solo tramite la sua ombra cinese. Quello che all’epoca era stato giudicato l’azzardo di uno storico dell’arte dedito alla bella scrittura nel corso del tempo si sarebbe dimostrata una convincente ricostruzione filologica. Longhi amava indossare i panni del rabdomante e dello sciamano. Con il Carlo Braccesco l’operazione gli è riuscita perfettamente. Pochi anni fa è transitata sul mercato italiano questa tavoletta (42,5 x 18,5 cm) raffigurante San Rocco. Gli esperti della casa d’aste Pandolfini l’hanno correttamente schedata come l’opera di un «Pittore lombardo-ligure, inizi sec. XVI» (Firenze, 17 novembre 2015, lotto 2). La cosa che più colpisce è il contrasto tra l’esibizione di uno stile moderno e l’impiego di un arcaico fondo oro. La constatazione che siamo di fronte a un autore particolarmente dotato deriva dal trattamento del terreno che degrada verso un orizzonte in lontananza. Questa parte è stata ottenuta «scrivendo» con il colore nero sul fondo oro. Il fatto che sia una zona particolarmente conservata (almeno rispetto al resto) ci aiuta a immaginare le doti e le qualità del pittore. Chi se l’è aggiudicata a poche migliaia di euro ha fatto un ottimo affare. Forse ignorava che la tavola faceva parte di un polittico dipinto da Braccesco, proveniente dalla chiesa di Sant’Andrea a Levanto. La prova di ciò che vado scrivendo è contenuta in una sbiadita stampa fotografica conservata presso la Fondazione Ragghianti a Lucca che riproduce il centrale del polittico, già nella collezione di Lord Aberconway, assieme al nostro San Rocco.