L’arresto di un politico fa più rumore, ma quello di un potente banchiere è ancora più pesante. Squarcia il velo sul malaffare che ammorba il capitalismo finanziario italiano. Le banche non sono amate in nessuna parte del mondo. Per salvarle dalla crisi mondiale che hanno creato gli stati hanno usato soldi pubblici. In Italia però c’è un aggravante: il nostro piccolo mondo chiuso fatto di nepotismo, connivenze e malaffare. Ieri la Guardia di finanza ha arrestato sette persone per un presunta truffa alla Carige, il celebre istituto bancario di Genova. Sono finiti ai domicialiari niente meno che l’ex presidente di Carige e vicepresidente dell’associazione delle banche italiane (Abi) Giovanni Berneschi e l’ex amministratore delegato dell’assicurazione Carige Vita Ferdinando Menconi, in carcere anche la nuora di Berneschi Francesca Amisano. Oltre che per truffa sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere trasnazionale, intestazione fittizia e ricilaggio. L’ordinanza è firmata dal gip genovese Adriana Petri. L’Inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Nicola Piacente e dal sostituto procuratore Silvio Franz.
Secondo gli inquirenti gli arrestati si sarebbero arricchiti ai danni della banca attraverso una serie di operazioni immobiliari che passavano per le compagnie assicurative controllate da Carige. Eccone un esempio riportato dai magistrati: nel 2006 l’immobiliare Ihc avrebbe ceduto due alberghi di Milano e Roma all’assicurazione Carige Vita per 70 milioni quando in realtà valevano la metà. La plusvalenza sarebbe stata portata in Lussembrugo e poi utilizzata per l’acquisto di un hotel a Lugano. Secondo la guardia di finanza “gli acquisti gonfiati di società facenti capo a persone compiacenti” tra il 2006 e il 2000 avrebbero fruttato 21 milioni finiti in Svizzera e ora posti sotto sequestro. Per gli inquirenti l’inchiesta, che ha preso il via dopo un’inispezione di Bankitalia, ha evidenziato “l’esistenza di un management fortemente condizionato da Berneschi, carismatico leader ventennale del gruppo”.
Berneschi a Genova era molto potente. Nulla in città, e non solo, si muoveva senza che l’affare fosse stato valiato da lui. Un vero big della finanza ancora vicepresidente dell’associazione delle banche italiane. Si è dimesso dal vertice di Carige solo pochi mesi fa dopo un duro scontro con il presidente della Fondazione Carige. E’ stato tra quei banchieri che si è dato molto da fare per la discussa e discutibile rivalutazione delle quote di Bankitalia in possesso delle banche italiane. Da tempo ci si chiedeva perché Carige continuasse a mantenere un ramo assicurativo in costante perdita che la banca doveva continuamente ripianare. L’indagine spiegherebbe come veniva originato almeno parte di quel buco proprio tramite le assicurazioni del gruppo e attraverso una fitta rete di contatti e operazioni anche all’estero, dalla Svizzera a Panama. Senza contare l’intreccio di conflitti di interessi e di parenti stretti messi nei posti chiave.
Ma il caso Carige non è affatto isolato. Proprio ieri è finita nel mirino ancora una volta del procuratore milanese Orsi UnipolSai, il nuovo gruppo nato dalla fusione dell’impero del palazzinaro milanese Totò Ligresti già agli arresti, e del gruppo assicurativo Unipol. Si tratta del secondo gruppo assicurativo italiano dopo le Generali. Sono state effettuate perquisizioni nella sede bolognese di UnipolSai e sono stati indagati per aggiotaggio l’ad di Unipol Carlo Cimbri, l’ex ad di Premafin Roberto Giay, l’ex presidente di Milano Assicurazioni Fabio Cerchiai e l’ex presidente del Cda di Unipol Vanes Galanti. Inoltre gli inquirenti hanno ordinato alla Consob di esibire tutti i documenti relativi al valore dei titoli strutturati di Unipol. L’ipotesi della procura è che siano stati compiuti illeciti nel calcolo del valore di concambio delle azioni delle società conivolte: le contropartite dell’operazione sarebbero state valutate in modo artificioso con conseguenze sul prezzo delle azioni e sulle quote societarie in UnipolSai.