Tutto è cominciato così: martedì un centinaio di migranti ha cominciato uno sciopero della fame in segno di protesta contro la chiusura della frontiera e accompagnato con urla, slogan e fischi il passaggio degli elicotteri che pattugliano la zona dall’alto.

Ieri si sono verÈ Horgos, adesso, il principale teatro della tensione al confine ungaro-serbo. È lì, in territorio serbo che alcune migliaia di migranti e profughi sono rimasti bloccati e in poco tempo la tensione è cresciuta ed è sfociata nei pesanti scontri che si sono registrati ieri.

Si sono verificati dei disordini sul posto quando gruppi di migranti hanno lanciato delle coperte sul filo spinato per poi tirarle cercando di abbattere la protezione. Hanno tirato pietre contro gli agenti di polizia che hanno reagito facendo ricorso all’equipaggiamento antisommossa. Il livello della tensione è cresciuto al valico di Horgos 2, i migranti che si sono accalcati di fronte al reticolato reclamavano l’apertura del confine: «Open this door! Open this door!» urlavano. Sono arrivati fin lì dopo un lungo viaggio intrapreso per proseguire verso i paesi dell’Europa occidentale più forti dal punto di vista economico. L’attesa però è risultata snervante e le manifestazioni di protesta con conseguente tentativo di buttar giù l’odiata barriera sono state il segno dell’esasperazione che regna in quel punto del territorio serbo. Ma non è finita lì: la pressione contro la barriera è continuata, la polizia ha cercato di contenerla e la folla, dall’altra parte del reticolato ha risposto lanciando bottigliette d’acqua. Le forze dell’ordine sono intervenute con i lacrimogeni e i cannoni ad acqua per disperdere i numerosi manifestanti che hanno cercato con ogni mezzo di superare la linea di confine sorvegliata dalle forze dell’ordine che bloccano qualsiasi accesso. Si parla di centinaia di agenti impegnati nell’operazione sostenuti da unità speciali anti-terrorismo con mezzi blindati. In più Budapest ha chiesto alle autorità serbe di intervenire nei confronti dei migranti che lanciano pietre, bottigliette e altri oggetti contro la polizia ungherese. Un bilancio degli scontri diffuso a sera dalle autorità ungheresi parla di 300 migranti feriti. Secondo un funzionario dell’Onu presente sul posto i manifestanti non hanno comunque sfondato la recinzione.

La polizia ungherese ha annunciato di aver arrestato 316 migranti che cercavano di entrare nel paese illegalmente. Ormai, con le nuove norme entrate in vigore alla mezzanotte del 15 settembre, questi tentativi vengono puniti con l’espulsione o il carcere.

I profughi che hanno fatto domanda di asilo sono al momento 70, 40 domande sono già state respinte. Il governo ungherese aveva già chiarito che la distinzione tra coloro i quali fuggono da guerre e persecuzioni e i migranti per motivi economici è fondamentale. Questi ultimi vanno rimandati indietro.

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Diversi organi di stampa riferiscono della prima condanna emessa dalle autorità ungheresi nei confronti di un migrante iracheno per aver tentato di entrare nel paese illegalmente. Martedì sera diversi migranti, soprattutto donne e bambini, hanno accettato ospitalità nel centro di prima accoglienza di Kanjia dove passare la notte. Si parla al momento di circa 250 persone. Gli altri hanno preferito restare fuori, di fronte alla barriera di metallo e filo spinato, e hanno dormito sull’asfalto o nelle tende che hanno montato al loro arrivo.
Intanto ci sono gruppi di migranti che cercano vie alternative per aggirare la barriera al confine ungaro-serbo e continuare il loro viaggio. Alcuni di essi hanno raggiunto il confine serbo-croato di Sid e nella notte tra martedì e mercoledì i primi 150 migranti provenienti dalla Serbia sono arrivati in Croazia; ieri il loro numero è salito a 277. Nel paese balcanico sembra ci sia una maggiore propensione a consentire il passaggio di questa gente in cammino verso le destinazioni prescelte. Il primo ministro croato Zoran Milanovi ha infatti affermato che Zagabria lascerà passare i migranti e i profughi giunti nel paese per evitare la barriera ungherese sorvegliata da un ampio dispiegamento di forze. Il vicepremier Ranko Ostoji ha precisato che il paese attende per i prossimi giorni l’arrivo di 4 mila miigranti.
Martedì sera, in conferenza stampa, il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha annunciato la decisione del governo di dar luogo ai preparativi per estendere la barriera protettiva al confine con la Romania e secondo diverse fonti le autorità di Budapest hanno iniziato le operazioni di misurazione malgrado gli appelli contro iniziative di questo genere da parte dell’Unione europea e della Chiesa. «I migranti che non riescono più a entrare in Ungheria dalla Serbia potrebbero provare a farlo dalla Romania» ha precisato. Ma gli intendimenti di Budapest hanno provocato la reazione del primo ministro romeno Victor Ponta il quale, secondo una nota diffusa dal ministero degli Esteri ungherese, avrebbe definito i vertici ungheresi peggiori di quelli siriani e libici che hanno causato l’esodo avvenuto nei loro paesi. Il premier ha aggiunto che, in quanto leader europeo, il suo compito è criticare determinate manifestazioni dei governanti ungheresi. Esse, secondo Ponta «offendono i valori europei».

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La reazione di Budapest non si è fatta attendere: «Victor Ponta ha perso l’autocontrollo – ha affermato Szijjártó citato dalla nota del ministero – e ha offeso tutta l’Ungheria con esternazioni insensate». Esternazioni che secondo il capo della diplomazia ungherese meritano una vibrante protesta e sono la prova che il primo ministro di Bucarest ha perso il controllo della situazione interna romena. Intanto però si è saputo che Budapest intende procedere in questo stesso modo anche al confine con la Croazia che la Slovenia ha reso noto che introdurrà a titolo provvisorio i controlli alla frontiera con l’Ungheria.
Si ha anche notizia di una recinzione metallica costituita da diversi elementi e posta dalle autorità slovacche al confine con il paese governato da Viktor Orbán. Lo ha riferito l’agenzia di stampa ungherese Mti che parla di un provvedimento preso da Bratislava a protezione dei valichi di frontiera con l’Ungheria e l’Austria a titolo provvisorio dopo l’annuncio della Germania di voler ripristinare temporaneamente i controlli alle sue frontiere.